Per capire le economie nella metamorfosi, le città e i territori oggi devono saper usare sia i freddi numeri della scienza triste, l’economia, ma anche le parole dolci e interroganti della poesia e della filosofia. Piacenza non si faccia prendere dalla tristezza che socialmente significa contrastare l’anomia che ci prende nella difficoltà di trasformare la modernità che viene avanti in valori socialmente condivisi, che rimandano nel loro diventare progetto alla costruzione di una identità di territorio, oserei dire a una coscienza di luogo, che se diventa triste tende a rinserrarsi, ma se aperta al nuovo che avanza come ieri collettivamente si apre gioiosa e speranzosa alla relazione economica e territoriale, alla comunità che viene.
Così ci invita a fare un grande filosofo del 900, Emmanuel Levinas, ricordandoci che l’identità non sta nel soggetto ma nella relazione. Quindi guardare avanti ricordando il futuro che non è uno storytelling, ma un racconto avendo memoria di ciò che non è più, inoltrandosi in ciò che non è ancora. Ho sintetizzato poesia e filosofia in una metafora economica che può sembrar banale: ricordarsi della coppa piacentina radicata e prodotta a livello del suolo, guardando Amazon e la logistica dei flussi che atterrano sul territorio. Ovviamente, a proposito di relazione, tenendo in mezzo il capitalismo molecolare, le medie imprese eccellenti della meccatronica, il distretto del pomodoro che rimanda a una agricoltura di qualità, le università che questo saper fare alimentano, la Val Trebbia e la Val Tidone che rimandano alle Langhe del buon vivere e del turismo enogastronimico e non solo questo se penso al festival del cinema a Bobbio e alla storia e alla bellezza di una Piacenza città territorio in uno spazio di posizione denso di storia tra le terre alte, là dove si incontrano quattro regioni motore del nord produttivo e le terre basse verso Milano, Pavia, Cremona, Parma.
In sintesi uno spazio di posizione a geometria variabile che aspetta solo di diventare uno spazio di rappresentazione adeguato alla modernità che avanza. Queste è la sfida: assumere lo spazio di posizione come una opportunità e mettere in campo una rappresentazione di un territorio di una città delle identità plurali in economia dalla coppa ad Amazon appunto, nelle relazioni con saperi e competenze vivendosi non più ancella fordista di Milano, ma nemmeno dormitorio terziario della Milano dei flussi e quindi negoziare reti che facciano della logistica non solo uno spazio da attraversare ma dove fermarsi per ripartire o magari fermarsi nelle sue città e valli del buon vivere. Guardando non solo alle città metropolitane ma allo spazio e alla identità medio padana tra Milano e Bologna. Ho molto apprezzato in questa logica delle identità plurali sentire le imprese ancorate al territorio visto come un buon porto da cui salpare per andare nel mondo per competere, ma poi tornare non solo per nostalgia della coppa piacentina o del gutturnio ma perché qui ci sono saperi e competenze che alimentano il fare impresa. Così come condivido , a proposito di cultura e rappresentazione, il cogliere come opportunità il lavorare con Parma e Reggio nel 2020 per fare della via Emilia la città italiana della cultura. Le identità si costruiscono anche con relazioni che sono simbolo di area vasta che compete nella relazione così come le piattaforme produttive della via Emilia competono nella meccatronica.
Tra il non più e il non ancora se non si mette in mezzo la società e non si convince la società tutta a mettersi sotto sforzo o per dir meglio a mettersi in mezzo tra economia dei flussi in cambiamento e la politica che questi cambiamenti accompagna si rischia di passare dalla tristezza alla euforia dello storytelling del nuovo che avanza. Abbiamo definito Piacenza città snodo e città porta dentro la metamorfosi. Solo due raccomandazioni per non montarsi la testa partendo da un antico adagio preso in prestito da un grande storico come Fernand Braudel: non esiste città ricca senza campagna florida e non esiste campagna florida senza città ricca. Ne tenga conto Piacenza città snodo tenendo assieme terre basse e terre alte del suo territorio che è non un margine, ma un centro del buon vivere e di una green economy che ne fanno una società del buon vivere. Ne tenga conto Piacenza città-porta da aprire ai flussi, non come un maggiordomo di servizio, ma come territorio che avendo coscienza di sé sa che, come scriveva Italo Calvino ne Le città invisibili, non ha senso dividere le città felici o quelle infelici, ma in altre due «quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare le città o ne sono cancellati».