Sarà una manovra «seria e coraggiosa», con «il reddito di cittadinanza»,ma, dice il premier Giuseppe Conte: «Non impicchiamoci ai decimali». Perché l’obiettivo è «migliorare la vita dei cittadini» (Luigi Di Maio), e alla fine «si troverà un equilibrio tra vincoli di bilancio e diritto dei cittadini alla qualità di vita e salute» (Matteo Salvini). Meno 8 giorni al 27 settembre, quando il governo dovrà pubblicare la nota di aggiornamento al Def con gli obiettivi della prossima legge di Bilancio. Ma 5 Stelle e Lega continuano a premere per avere più ampi margini di movimento per i rispettivi provvedimenti: reddito di cittadinanza per i primi; flat tax, riforma delle pensioni e pace fiscale per i secondi. Ciascuno punta a 9 miliardi di euro per una manovra complessiva che si aggira intorno ai 30.
Ma in mezzo c’è sempre la questione del deficit/Pil. Con il ministro dell’Economia Giovanni Tria che non vuole oltrepassare il limite dell’1,6% e pure il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ricorda che così «il debito pubblico italiano è sostenibile». Ma il vicepremier Di Maio, «per mantenere le promesse», vuole «attingere ad un po’ di deficit per far rientrare il debito l’anno dopo o tra due anni» e promette di «non sforare il 3%». E il giorno dopo le parole su Tria («trovi i soldi, un ministro serio lo fa»), gli ribadisce «piena fiducia».
È però il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti a ricordare che «nessuno nel governo dorme sogni tranquilli perché lavoriamo tantissimo e — aggiunge — anche Tria deve farlo: le liti con lui le ho messe in conto, ma conta solo che il Paese cresca». Per Giorgetti superare l’1,6% si può, andando anche oltre il 2%, «ma solo con proposte serie e credibili, non con provvedimenti di tipo demagogico». Pure la vice di Tria, la grillina Laura Castelli, boccia l’1,6%: «Vorrebbe dire non fare quasi niente, solo tagli. Ma le risorse nel bilancio sono moltissime e vanno recuperate».
Ma intanto, i 5 Stelle sono in rivolta contro Tria. Nonostante le rassicurazioni di Di Maio, la pressione resta forte. E i vertici hanno deciso di usare la forza d’urto dei parlamentari per mettere nell’angolo il ministro. Il malcontento c’è, anche se per ora non formalizzato. Ma che lo si voglia raccontare e usare a questo scopo lo si capisce dalle parole di Francesco D’Uva, il capogruppo ricevuto da Conte cui ha chiesto rassicurazioni sugli obiettivi M5S. Perché «tra gli eletti c’è una significativa apprensione sulla manovra».