L’ uomo più potente d’Italia è un muratore disoccupato dal 2011 che ha ricevuto, con ritardo, otto dei trenta mesi di cassa integrazione assegnatigli per legge. «Lo Stato italiano io non lo riconosco», dice. Lo ha già detto in mille modi a decine di milioni di persone, che hanno condiviso, commentato e fatto click sul bottone «mi piace» di Facebook. I suoi interventi non superano mai la lunghezza di due, massimo tre frasi semplici e assertive, senza subordinate, scritte in stampatello a caratteri cubitali. È il livello di alfabetizzazione che si trova in una seconda o in una terza elementare, non oltre. Sostiene l’uomo più potente d’Italia: «Meno scrivi e più cammini. L’algoritmo di Facebook, quello che fa viaggiare i contenuti, è ignoto e anche abbastanza ignorante».
Francesco Gangemi adesso siede nel tinello di casa di un amico e cerca di salvarsi i polmoni fumando con un apparecchio che tosta il tabacco, non lo brucia. Ha 52 anni. Sa che per l’ennesima volta dovrà ripartire da zero là dove è nato e cresciuto: Taurianova, piana di Gioia Tauro, 15 mila residenti, reddito medio dichiarato 663 euro al mese per abitante, comune sciolto per mafia tre volte nell’ultima generazione. A Gangemi l’altro giorno Facebook ha chiuso di nuovo la pagina politica più ramificata che aveva, «sputtaniamotutti.com», probabilmente perché i partiti di opposizione lo avevano segnalato alla piattaforma e lui non era in regola dato che non lo si poteva riconoscere per nome quale gestore dei contenuti. Ma ha già reagito lanciando un’altra pagina, «sputtaniamotutti3». Terza della serie.
Il mese scorso questo ex capocantiere, che dice di aver «comprato un diploma di geometra in Puglia» e oggi vive con la pensione della madre, ha generato quasi un milione e mezzo di interazioni su Facebook. Più del premier Giuseppe Conte, quasi il triplo del fondatore dei 5 Stelle Beppe Grillo, più del doppio del Pd e tre volte più di Marco Travaglio. Questo è il volume di commenti, condivisioni e «mi piace» che Gangemi è riuscito a raccogliere in un mese con i suoi post, gli interventi sulla sua pagina. Nelle due incarnazioni precedenti, «sputtaniamotutti» è arrivato a raggiungere 10 milioni di lettori con un solo post. Lui fa parte della galassia delle maggiori pagine Facebook di contenuto politico definite dagli addetti ai lavori «unofficial», indipendenti. In agosto queste ultime hanno varcato una soglia che segna una svolta per il modo in cui funziona la democrazia italiana e la conversazione nel Paese su temi come l’immigrazione o il rapporto con l’Ue. In un solo mese il numero di interazioni su Facebook generato dalle pagine politiche «unofficial» ha raggiunto livelli paragonabili a quelli dei media tradizionali e superato di netto le pagine «official», quelle dei partiti e di tutti i loro esponenti principali. Negli ultimi 10 mesi su Facebook il volume e la capacità di penetrazione del sistema di comunicazione politica che va sotto la definizione di «unofficial» è raddoppiato, secondo un’analisi delle principali pagine con software disegnati a questo scopo. Quasi tutti i post «unofficial» contengono gli stessi ingredienti di quelli di Gangemi: una foto e una scritta breve e grossa che spesso esprime solo derisione o indignazione.
Uno degli ultimi post dell’ex capocantiere di Taurianova mostra una foto di Matteo Salvini, il vicepremier, e una frase in un font (uno stile grafico) chiamato «impact». Usa sempre quello, lo usano tutti. Si legge una dichiarazione immaginaria del ministro dell’Interno: «182 migranti sono riusciti a sbarcare a Lampedusa. Se pensano di avermi fregato si sbagliano di grosso. Rispedirò questi criminali a casa loro. Parola d’onore». Un’altra che in precedenza aveva funzionato bene mostra una foto di Elsa Fornero, il ministro che nel 2012 riformò le pensioni, con la soprascritta: «Vergognati!!! Parassita!!». Una terza tratta delle proposte di scioglimento del Pd e suggerisce di usare «un prodotto che si trova al supermarket».
Gangemi spiega che i suoi non sono atti di militanza, dato che a lui la politica non interessa. «Alle elezioni volevo votare quelli di CasaPound perché portavano la spesa a casa, poi però ho messo due schede bianche» dice. Quanto agli stranieri, «qui a Taurianova non creano problemi, vanno a lavorare la mattina presto e sono integrati: abbiamo anche una moschea a pochi chilometri da qua».
No, non è militanza per Gangemi. È sopravvivenza. Un click vale in media dieci centesimi. Da Facebook riesce a spostare molti lettori sul sito che si è costruito con WordPress — un software fatto per questo — e lì ospita le strisce di pubblicità che gli manda AdSense, il servizio pubblicitario di Google. La ripartizione dei ricavi è un terzo per lui e due terzi al gruppo di Mountain View, che opera sull’Italia tramite 600 connazionali assunti nella sede europea di Dublino. Alla fine Gangemi guadagna circa 600 euro al mese quando va bene, ma a Taurianova fanno la differenza. È per questo che lui continua a scegliere contenuti favorevoli al governo e in linea con i suoi temi: «Vado da quella parte perché funziona — ammette —. Se faccio un post a favore di Renzi al massimo ottengo un click, se scrivo contro gli immigrati viaggio molto di più. Siamo battelli a vela, cerchiamo di capire dove va il vento». La dif-ferenza è che allinearsi al vento contribuisce ad accelerarlo, così come comprare un titolo azionario solo perché sta salendo contribuisce ad alimentare una bolla speculativa. E non è che altre pagine «unofficial», anche più grosse di quelle di Gangemi, siano gestite con lo stesso candore della sua. Una che si chiama «Roby» è passata da meno di 5 mila interazioni a gennaio a oltre 4 milioni a luglio (probabilmente una ventina di milioni di italiani raggiunti) ammannendo foto di Padre Pio, di cappuccini con cuore di cacao o bambini che danno il buongiorno e poi improvvisamente post incendiari contro Elsa Fornero, o Salvini che afferma «se non vuoi il crocifisso torna a casa tua» o post che mostrano anziane in povertà, ricordando che lo Stato dà da mangiare agli stranieri «e si lamentano che fa schifo». La pagina «Buona e sincera ma quando serve bastarda» (178 interazioni a gennaio, 3,2 milioni a agosto) si alimenta di foto di cuccioli ma poi lancia un’immagine grottesca del commissario Ue Moscovici, che aveva criticato l’Italia.
Chiunque ci sia dietro, disoccupati nell’isolamento del loro tinello o operatori sostenuti in modo coperto dalle forze politiche, queste pagine di Facebook hanno conquistato uno spazio rilevante nelle conversazioni sulla politica in Italia. Viaggiano perché sono semplici e brutali. È impossibile misurare quanto contribuiscano a orientare l’opinione pubblica. Di certo, come accaduto a Trump quando nel 2016 doppiò Hillary Clinton per viralità su Facebook, anticipano e amplificano le tendenze che poi emergono nelle urne. «Il colpo di grazia agli indecisi», lo chiama Gangemi. Lui sa che seguendo le correnti le si rendono inondazioni, ma anche che le maree possono rovesciarsi. «L’altro giorno ho scritto sul governo: basta parole, ora i fatti. Ho notato che hanno condiviso in tremila. Riproverò».