E Cernobbio si ritrovò in minoranza. Tra i tanti sconvolgimenti che l’avvento al potere del populismo ha generato c’è anche questo: le élite europee ed economiche che ogni anno si ritrovano a Villa d’Este sono coscienti di essere all’angolo. Il paragone con gli anni del berlusconismo non ha senso, infatti, in quel caso Cernobbio e Arcore erano parallele, entrambe godevano comunque di un solido retroterra di consenso e c’era comunque Giulio Tremonti a fare la spola tra i due mondi. Con il centrosinistra poi la consonanza era quasi antropologica: stesso lessico, stessi riferimenti culturali, stessa concezione della responsabilità. Con i populisti la divaricazione invece è ampia, incalcolabile. E le prossime elezioni europee fanno paura, si teme che l’incendio da Roma si propaghi a Bruxelles. Con i populisti le tradizionali armi delle élite di Cernobbio non funzionano. La razionalità economica, la metodologia della ricerca scientifica, il culto della competenza e degli specialismi sono in fuorigioco. E in fondo i toni che ieri hanno usato sia l’olandese Geert Wilders sia Matteo Salvini lo stanno a dimostrare. Affermazioni secche, certezza granitica di essere nel giusto, il consenso usato come la spada di Brenno. Non siamo proprio arrivati al «guai ai vinti» perché tutto sommato le convenzioni di Cernobbio hanno retto ma la linea di demarcazione è segnata. Gli Ambrosetti boys nonostante tutto restano ottimisti sulle prospettive dell’economia, più di due terzi di loro ha dichiarato di aumentare fatturato e occupazione e una buona parte anche a due cifre. Sono europeisti nel midollo e temono che l’Italia resti da sola a competere con i grandi sistemi mondiali. L’unica concessione al pragmatismo la si intravede sul tema dell’immigrazione, per carità la società aperta non si tocca ma alla fine si conviene che la strategia di Salvini è discutibile ma efficace.
In fondo come l’opposizione al governo giallo-verde pare ancora sotto schiaffo, mutatis mutandis anche Cernobbio non si è ripresa dallo shock elettorale e teme il bis per la primavera del 2019. Però a differenza delle forze politiche uscite a pezzi dal confronto con Lega e grillini le élite del Lago non si sono afflosciate. Non hanno rinunciato alla lotta per l’egemonia. Si potrà dire che molti dei loro argomenti sembrano armi spuntate contro la travolgente cavalcata dei populisti ma la coscienza e la responsabilità di rappresentare la modernità e la tensione verso il futuro questa non è sparita.
Certo, volendo per ripartire dovrebbe essere accompagnata da una sana autocritica. Su tanti temi, su tante amnesie, sulle slide usate al posto della ricognizione del reale ma di una cosa purtroppo siamo certi: Cernobbio non ama guardarsi indietro, nemmeno a fin di bene. Figuriamoci le autocritiche.