Non è questa o quella di un deficit destinato a salire, non solo quella almeno. Non è neppure questa o quella prospettiva di riduzione del debito, che Fitch vede per i prossimi anni sei anni come minima o pressoché inesistente: nel 2023 potrebbe ancora essere (di nuovo in aumento) sopra il 130% del prodotto interno lordo. No, è un insieme di fattori a monte che ha indotto ieri sera la terza delle grandi agenzie di rating, quelle sulle quali basano le loro scelte grandi investitori in tutto il mondo e la stessa Banca centrale europea, ad alzare una bandiera di allarme sull’Italia.
Le «prospettive negative» che ha messo Fitch sul suo giudizio quanto alla tenuta del debito pubblico alla fonte hanno un elemento che li spiega tutti: la credibilità politica e la percezione che questa oggi in Italia sia seriamente intaccata. Sia nelle dinamiche interne del governo, diviso e incapace di compromessi, sia per una un’ostilità verso l’euro e l’Unione europea di parti della maggioranza che — nota Fitch — sta già costando cara per l’aumento degli interessi sul debito che essa comporta. Dover pagare per questo veri miliardi in più di questi oneri già l’anno prossimo, come minaccia di accadere, comporta un trasferimento di ricchezza sul modello Robin Hood alla rovescia. Da chi ha di meno a chi ha di più: dall’intera platea dei contribuenti — inclusi i redditi più bassi — alle banche, alle assicurazioni, ai fondi esteri e agli italiani più abbienti che detengono i due terzi di quei titoli di Stato.
Così gli squilibri finanziari e i fragili equilibri del governo si sovrappongono, nel giudizio di Fitch. Il comunicato con il quale l’agenzia accompagna la sua decisione lascia ben pochi dubbi. Non c’è solo la previsione «di una certa quantità di allentamento del bilancio che può rendere l’altissimo livello di debito pubblico dell’Italia più esposto a potenziali choc». Né solo il lentissimo e incerto calo del debito o il rischio di tornare indietro sulle riforme già fatte. C’è, soprattutto, un’analisi della situazione politica e dei rischi di elezioni anticipate dall’anno prossimo.
Fitch spiega il peggioramento delle sue previsioni sui conti dell’Italia anche con «la natura nuova e in gran parte non sperimentata del governo e le notevoli differenze politiche fra i partner della coalizione». Quanto a queste ultime, l’agenzia parla di «marcate differenze ideologiche e politiche fra M5S e la Lega», le quali «probabilmente creeranno tensioni crescenti per la coesione della coalizione». Di conseguenza, dato che la maggioranza in Senato è di appena 12 seggi e la Lega può guardare di nuovo a un’alleanza di destra-centro, Fitch formula una previsione: «Non ci aspettiamo sia un governo di legislatura, vediamo possibilità crescenti di elezioni anticipate dal 2019».
Gli analisti dell’agenzia devono aver passato molto tempo a esaminare le dinamiche politiche del Paese, perché vanno ancora più a fondo. Scrivono: «Il rischio, o la strategia, di elezioni anticipate complicherà per entrambi i partiti scendere a compromessi che scontentino la loro base, mentre la realtà dei conti rende difficile mantenere le promesse elettorali». Questa è una vulnerabilità dell’Italia a trazione giallo-verde che Fitch sottolinea: l’agenzia parla di «incoerenze fra i costi elevati di attuazione degli impegni del contratto di governo e l’obiettivo dichiarato di ridurre il debito».
Vi è poi almeno un’altra contraddizione che sta facendo salire i tassi d’interesse e peserà presto sui conti. Scrive Fitch: «L’antipatia di parti del governo verso la Ue e l’euro presenta un’ulteriore rischio di ribasso (del rating, ndr), anche se la probabilità che il governo porti avanti politiche che minaccino l’uscita o una moneta parallela sono basse», si legge. Ma già solo la retorica anti-euro costa cara ai contribuenti: «Essa contribuisce a indebolire l’interesse degli investitori, dunque porta a spread costantemente più alti e a una maggiore volatilità di mercato, anche senza nuovi eventi politici sostanziali». Così le crepe della maggioranza e le frasi a effetto dei politici finiscono per diventare problemi finanziari, di cui gli italiani dovranno farsi carico.