Le parole sono importanti e lo è anche il silenzio. Nella famiglia Benetton misurare le parole è consuetudine, quasi legge. E chi da sempre frequenta i fratelli trevigiani fondatori dell’impero che dai maglioni colorati ha allargato gli interessi fino alle infrastrutture e alle autostrade spiega anche così la ritrosia di queste ore.
Ma dopo una tragedia come quella di Genova non è più tempo di aspettare. Quali che siano i risultati dell’inchiesta e le decisioni del governo, a Treviso si dispone per «tutto ciò che è possibile fare». La pressione su Autostrade è massima, tanto che già oggi i vertici della società potrebbero annunciare un «grande piano» di ricostruzione della città, della sua viabilità e di assistenza alle famiglie sfollate e in difficoltà. L’amministratore delegato Giovanni Castellucci e il presidente Fabio Cerchiai sono attesi questa mattina a Genova per una comunicazioni prevista dopo i funerali delle vittime del crollo del Ponte sulla A10.
Su richiesta di Edizione — la holding della famiglia Benetton che attraverso Sintonia controlla il 30% di Atlantia-Autostrade a fianco di grandi investitori istituzionali internazionali come il fondo sovrano di Singapore e il colosso bancario Hsbc — il piano di risarcimento alla città di Genova e al Paese dovrebbe seguire un percorso autonomo, sganciato dal contenzioso e dall’inchiesta giudiziaria. Nell’entourage di Ponzano Veneto, qualcuno si spinge a ipotizzare che i fratelli Benetton siano pronti anche a perdere Autostrade e dunque un settore per loro finora strategico. Dopo il disastro, niente tornerà come prima nemmeno nella vita di questa famiglia imprenditoriale. Queste sono tragedie, viene osservato, che cambiano il capitalismo.
A Treviso, nella casa dove vive Gilberto Benetton,77 anni, numero uno di Edizione, lo choc del 14 agosto viene descritto come fortissimo.Le notizie in arrivo da Genova sono sempre più drammatiche, il nome degli azionisti esposto al quasi linciaggio sui social network. Anche il governo attacca. Gilberto è in contatto continuo con i fratelli Giuliana, 81 anni e Luciano, 83. La famiglia — in lutto per la perdita di Carlo, il fratello più giovane stroncato da un tumore lo scorso luglio a 77 anni, e del marito di Giuliana, Fioravante Bertagnin morto in febbraio a 86 anni — si riunisce con alcuni dei figli e dei nipoti nelle ore successive. La grande tribù che si compone di 12 figli — i cinque di Luciano, Mauro, Alessandro, Rossella, Rocco e Brando; le due figlie di Gilberto, Barbara e Sabrina; i quattro di Giuliana, Paola, Franca, Daniela e Carlo; i quattro di Carlo, Massimo, Andrea, Christian e Leone — e numerosi nipoti è consegnata al silenzio. Anche se la volontà di muoversi e spingere Autostrade al cambio di passo è unanime. La società operativa che in prima battuta è chiamata a dare risposte ai cittadini, alle istituzioni, alla politica e al mercato, si trincera dietro un incomprensibile linguaggio tecnico, finendo per esporre ancor più gli azionisti di controllo che il ministro degli Interni, Matteo Salvini, definisce «senza cuore».
Serve allora trovare un modo, un tono e, appunto, parole per dire «gli azionisti ci sono». In un comunicato diffuso all’indomani di Ferragosto, la stessa Edizione e i Benetton si assumono l’impegno di accertare «verità e responsabilità» sulla sciagura genovese. Dei «contenuti» di questa azione risarcitoria si comincia a parlare da questa mattina. Quello che è chiaro è che il futuro di Autostrade, che con l’acquisizione di Abertis puntava a diventare leader mondiale del settore, è adesso indissolubilmente legato alla capacità del suo management di gestire una crisi devastante. In un editoriale apparso ieri sul Financial Times viene osservato come «un’impresa coinvolta in un disastro serio come quello del crollo del ponte di Genova, dovrebbe rispondere in un solo modo: esprimere profondo rammarico, assistere le autorità e le vittime, e lasciare la propria resa dei conti ad un momento successivo. La reazione di Autostrade si concentrava invece «sulle regole contrattuali e le ripercussioni sugli investitori». Vedremo come Castellucci, il manager scelto per succedere a Vito Gamberale nel 2006. saprà riparare il torto. Forse, come anticipano alcune indiscrezioni, chiedendo oggi stesso formalmente e semplicemente scusa.
Quanto ai Benetton, resta aperto l’interrogativo sul ruolo che i Benettonhanno scelto di esercitare sin dalla privatizzazione. La responsabilità dell’azionista di riferimento di una società che svolge un servizio pubblico, attività in tutto e per tutto diversa da ogni altra intrapresa a Ponzano Veneto