Gli stralli, la grande innovazione introdotta dall’ingegner Morandi, sono i principali sospettati dell’inchiesta della procura di Genova sulla strage del viadotto Polcevera. Quelle colonne trasversali di cemento armato con un’anima di cavi di acciaio (trefoli), quei tiranti che nel 1967 rappresentavano un vanto dell’ingegneria italiana, sarebbero la causa del cedimento che ha provocato, al momento, 38 morti e 15 dispersi.
Il procuratore Francesco Cozzi che coordina le indagini per omicidio plurimo e disastro colposi e per attentato alla sicurezza dei trasporti, spiega che «al momento sono effettivamente uno degli elementi su cui si concentreranno le verifiche».
Ma altre conferme arrivano da testimonianze dei sopravvissuti e da pareri di università ed esperti del settore costruzioni. Valentina Galbusera, medico dell’ospedale Villa Scassi che la mattina del 14 agosto si trovava sul ponte crollato ha dei ricordi precisi. «Ero al volante della mia auto e ho visto quei tiranti laterali cedere. Subito dopo ha cominciato a tremare l’asfalto sotto di me come se ci fosse un terremoto». Anche altre persone raccontano di aver prima notato le grandi braccia del ponte abbattersi e solo successivamente aver percepito gli scossoni del manto stradale.
La procura spera di poter ottenere risposte sulle modalità del crollo anche dal video della web cam di Società Autostrade, collocato sulla galleria a ponente di Ponte Morandi. Alle 11.37 del 14 agosto 2018 la telecamera immortala il camion della Basko diretto verso l’uscita di Genova Ovest. Percorrerà qualche decina di metri e poi si fermerà proprio sul ciglio del baratro, uno dei simboli del disastro. La pioggia battente e la scarsa qualità del video consentono agli inquirenti di vedere soltanto una nuvola biancastra formata da polvere e acqua che si alza dalla pila — il pilone alto 90 metri — che collassa, poi il rosso vivo dei freni delle auto che si incolonnano e, dopo una brusca oscillazione della web cam dovuta alla vibrazione, la ripresa si interrompe. I dirigenti di Autostrade continuano a ripetere che nessuno si aspettava un cedimento di questa portata. Eppure, a settembre del 2017 la Spea Engineering, società controllata da Atlantia, fra le più importanti nel settore dell’ingegneria delle infrastrutture, commissiona uno studio sugli stralli delle tre pile, 9, 10 e 11, del viadotto. Le verifiche del Politecnico di Milano avvengono fra il 9 e il 13 ottobre e a novembre vengono consegnate le conclusioni. Le firma il professor Carmine Gentile che sulla pila numero 9, quella che crollerà, dice: « Al contrario, per gli stralli del sistema bilanciato numero 9… si presentano con deformata modale non del tutto conforme alle attese e certamente meritevole di approfondimenti teorico- sperimentali » . Anche un non addetto ai lavori capisce che quei tiranti non sono in piena forma. E, infatti, nel maggio di quest’anno, ecco arrivare il bando di gara, per una spesa di 20 milioni di euro, con procedura ristretta, ovvero velocizzata per abbreviare i tempi, per procedere al rinforzo degli stralli delle pile 9 e 10.
Un intervento di cui si parlava, però, già almeno due anni fa e che sembrava dovesse costare 35 milioni. Ma all’epoca non era ritenuta un’operazione urgente. Il 21 marzo del 2017, infatti, Stefano Marigliani, direttore del Tronco Genovese di Autostrade sosteneva: « Il viadotto Polcevera al momento non presenta alcun problema di carattere strutturale… sono in corso di progettazione due interventi di carattere strutturale da realizzarsi nel 2018 che consisteranno nell’installazione di stralli e impalcati per il rafforzamento dell’infrastruttura».
Questa era la sua risposta, trasmessa all’assessore regionale Giacomo Giampedrone all’interrogazione presentata pochi giorni prima da Raffaella Paita, oggi deputata del Pd, nel 2017 capogruppo dem in consiglio regionale. Paita chiedeva «quali azioni siano state assunte nei confronti della Società Autostrade affinché siano resi disponibili i dati sul monitoraggio dei lavori eseguiti su eventuali problemi strutturali da affrontare per garantire il livello più elevato di sicurezza». La deputata, oggi, ricorda quell’interrogazione: «La risposta del dirigente delle Autostrade all’epoca naturalmente mi rassicurò. Oggi devo dire che, pur dovendo aspettare i risultati delle indagini della magistratura, quelle parole mi appaiono a dir poco incredibili, sorprendenti, e mi fermo qui».
I pm Walter Cotugno e Massimo Terrile oggi nomineranno una serie di consulenti tecnici per capire le ragioni del crollo ma anche e soprattutto quando e come siano state svolte le manutenzioni e le verifiche strutturali. Oltre alle riprese della web cam vengono acquisiti in queste ore numerosi video e foto pubblicate sui social. Parti dei detriti crollati, e nello specifico proprio i monconi degli stralli, vengono accatastati in un capannone dove verranno analizzati e sottoposti a perizie. Secondo Antonio Occhiuzzi, docente di ingegneria e Direttore dell’Istituto di tecnologia delle costruzioni del Cnr solleva forti perplessità il fatto che gli stralli della pila 11 fossero stati sostituiti nel 1995 perché ritenuti, a differenza degli altri, deteriorati: «Mi chiedo perché gli interventi di rinforzo non siano avvenuti contemporaneamente. Nel caso del Morandi la rottura di uno strallo può essere stata sufficiente a farlo crollare ».