L’Italia pronta a dividersi su tutto è capace di concionare anche su una donazione da 500 milioni di euro. Solo che qui non graffiano i leoncini da social media, ma i primi della classe manageriale. Leonardo Del Vecchio, nato Martinitt e vissuto creando Luxottica, vorrebbe lasciare mezzo miliardo allo Ieo, un giglio della sanità privata milanese che cura i tumori e dal 2000 controlla l’altra eccellenza (cardiologica), il Monzino. «Vorrei un grande futuro per lo Ieo — ha detto l’imprenditore veneto — sapevo dei pensieri di Umberto Veronesi e di Enrico Cuccia, ho lo stesso sogno e sarò felice di mettere a disposizione le risorse per realizzarlo». Ossia 350 milioni in strutture, 150 in attrezzature e il 5% l’anno degli utili Delfin (la sua finanziaria). Tutto bene? Macché.
Perché il sogno del patron dell’occhialeria mondiale, prima di raccontarlo agli azionisti Ieo (tutti epigoni del salotto buono che ideò il polo nel 1994: Mediobanca al 25,3%, UnipolSai 14,3%, Intesa Sanpaolo 7,3%, Pirelli 6%, Banco Bpm 5,7%, Mediolanum 4,6%, etc) è filtrato sui giornali. Con tanto di rendering del polo, che aggiunge aree per 30mila metri quadrati in zona Sud Milano dove ospitare il Monzino e nuove aree di accoglienza, ricerca, il campus, l’incubatore hi-tech e accanto un parco da 94 ettari, il più grande della città. «È una donazione transformational», nota una fonte. E il problema vero, a parte la comunicazione, è questo: il mezzo miliardo promette di sballare gli assetti dell’Istituto europeo di oncologia, in barba agli equilibri storici e al tetto del 30% sulle quote nella Srl ospedaliera. Se conferito in ricapitalizzazione, come previsto dal piano, costringe gli altri soci a mettere soldi o diluirsi; se dato come liberalità può “arricchire” soci privatissimi.
Peraltro lo Ieo, risanato negli anni, un piano di sviluppo ce l’ha già: lo ha approvato il cda a giugno per investire 300 milioni fino al 2022.
L’afflato di Jean Pierre Mustier, poi, non semplifica. L’ad Unicredit è un manager di rottura: anche nelle opere di bene. Con il noto esprit polytechnique, temprato dal passato di legionario, si è scagliato contro le banche socie di Ieo: «Non è etico che vogliano far profitti con la partecipazione». E sul piano Del Vecchio, di cui è un perno (è anche entrato nel cda della Fondazione), ha detto: «Mi sarei aspettato che tutti gli dicessero grazie. Invece non ho sentito nessuno». Mustier ha un concetto forte e sbandierato di etica negli affari: ma l’asse con Del Vecchio ha più sfaccettature. Intanto il magnate è tra i grandi soci della banca, al 2%. Poi, benché Unicredit abbia conferito il suo 13% in Ieo (valore svariate decine di milioni) in cambio di un 16% “di bellezza” nell’ente Del Vecchio, è vero pure che l’immobiliare Visconti, di cui Unicredit ha il 70%, ha ceduto alla Fondazione le aree dove il polo dovrebbe espandersi, per una dozzina di milioni. Bruscolini, qui: ma abbastanza da innervosire il vertice di Ieo, che trattava con Visconti l’acquisto dei lotti confinanti. «Tutti soldi che Ieo potrà destinare alla ricerca», chiosa un sodale di Unicredit, e segnala che le aree sarebbero poi apportate gratis. Ma Mustier resta un leader che divide. Tiene sulle spine Mediobanca, di cui è Unicredit è prima forza con l’8,4% e tra un mese deciderà se disdettare il patto di sindacato che blinda l’istituto.
Sull’altro fronte, ha preso a chiamare Intesa come the bank with no name, perché dal 2017, dopo il tentativo dell’ad Carlo Messina su Generali (storico presidio della filiera Mediobanca) i rapporti sono ai minimi. Così, a circa un mese dalla chiamata del cda Ieo in cui Francesco Milleri, braccio destro di Mr. Luxottica e regista del piano, dovrebbe illustrare il “piano dei sogni”, e l’ad Mauro Melis prenderne atto (e prendere tempo), tocca ai mediatori cercare una pezza e riunire gli interessi. Risulta che blasonati legali studino soluzioni di compromesso per conciliare le istanze dei soci storici soci con quelle dell’ingombrante benefattore e di chi sta in mezzo e gradirebbe magari venir liquidato.
Un’ipotesi di lavoro, per non sprecare l’occasione e placare gli animi in una fase di già delicata per gli assetti finanziari, sarebbe la trasformazione di Ieo da società commerciale (anche se destina gli utili alla ricerca) a Fondazione, per porla sullo stesso piano giuridico dell’ente di Del Vecchio, che è no profit e cerca il consenso dell’80% dei soci per sganciare il mega obolo. L’esordio è stato maldestro, ma c’è spazio per rimediare: «È allo studio una proposta che possa garantire il rispetto dei diritti dei soci attuali — dicono fonti vicine alla Fondazione — . Il piano è complementare e incrementale a quello varato da Ieo», E ribadiscono che l’ente «è aperto a ogni soluzione che persegua la sua natura no profit».