La fresa Federica scava a centinaia di metri sotto la superficie. Si tratta di un impianto imponente, lungo 150 metri, 2.400 tonnellate di peso. Avanza fino a venti metri al giorno, finora ha scavato quasi cinque chilometri in asse con quello che sarebbe il tunnel di base tra Italia e Francia. Formalmente si tratta di una galleria esplorativa, di fatto è un anticipo dei 57 chilometri che rappresentano il progetto del tunnel ferroviario al confine occidentale.
Per il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ieri ha visitato il cantiere di Saint Martin La Porte, in Francia, fermare la Tav sarebbe una «scelta scellerata». C’è di mezzo un accordo internazionale, un progetto definitivo e un cronoprogramma condiviso con l’Unione europea che impegna Telt, la società italo francese che materialmente gestisce i lavori, a firmare i contratti – a valle delle procedure con bandi di gara e assegnazione lavori – entro fine 2019, per un totale di 5,5 miliardi.
La situazione più delicata è quella relativa ai bandi per lo stock di lavori da 2,3 miliardi , per avviare lo scavo definitivo sul lato Francia. Questo il dossier più urgente in questa fase. Telt dovrebbe comunque aprire i bandi entro settembre, per non accumulare ritardi nella procedura, per rispettare il cronoprogramma concordato con Ue e Francia ed evitare un eventuale contenzioso.
Quello che accadrà dal punto di vista politico sarà tutto da definire, partendo da quanto ribadito ancora ieri dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «La Tav è un argomento all’ordine del giorno nell’agenda del governo. Come anticipato da Toninelli stiamo esaminando tutti gli aspetti in termini di costi e benefici, con l’impegno a una revisione integrale su questo punto». La sintesi la faremo tra un po’, chiarisce Conte, «la faremo in termini risolutivi, in Consiglio dei ministri». Un fatto però è certo: a prendersi formalmente la responsabilità di bloccare la procedura di assegnazione dei bandi dovrà essere l’Esecutivo, con una comunicazione ufficiale, e non Telt direttamente.
Nella sua visita al cantiere in territorio francese Tajani ha insistito sulla questione economica connessa alla Torino-Lione: «interrompere i lavori ora costerebbe tanto quanto concludere il collegamento, in più dovremmo sobbarcarci dei costi relativi alla manutenzione delle opere finora realizzate, pensiamo al flusso delle acque. L’Italia butterebbe al vento milioni per un capriccio di black block e No Tav». Secondo aspetto evidenziato dal presidente del Parlamento europeo, è il tema del trasferimento delle merci su ferro.
«Tra Italia e Francia – ricorda Tajani – ci sono 4 milioni di camion, questa ferrovia ridurrà le emissioni di CO2 del 20% e potrà contribuire a ridurre il trasporto pesante su gomma, guardiamo a cosa è successo a Bologna».L’opera, ribadisce Tajani, rappresenta un progresso nel settore trasporti, sostenuta dall’Unione europea che ne garantisce il 40% del finanziamento. Parla di infrastruttura chiave e poi fa un appello a Matteo Salvini affinché non si faccia condizionare dalle posizioni del Movimento Cinque Stelle. Un appello ribadito dallo stesso Silvio Berlusconi, durante una telefonata al presidente Tajani arrivata mentre era in corso l’incontro del presidente del Parlamento europeo con gli amministratori della Valsusa, seguito alla visita nel cantiere francese. «La Torino-Lione è un’opera proficua» ha sottolineato il leader di Forza Italia. «Dobbiamo essere vicini alla Lega e chiedere che Salvini si comporti con coerenza rispetto alle idee del centrodestra» ha aggiunto Berlusconi.
E resta alta l’attenzione anche a livello locale, con la Regione Piemonte che organizza la Conferenza regionale sulle infrastrutture il 28 settembrementre Confindustria Piemonte sta lavorando ad un evento per il 12 settembre prossimo: «Riuniremo a Torino – anticipa il direttore Paolo Balistreri – rappresentanti degli industriali di Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia-Romagna, oltre che Piemonte, alla presenza del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. La Torino-Lione è parte fondamentale del corridoio Mediterraneo , non farla significa tagliare fuori l’Italia da qualunque sviluppo».