Sono presenti i rappresentanti di alcuni dei maggiori investitori internazionali, banche d‘affari e fondi soprattutto. Soggetti in grado di spostare miliardi di euro – o di dollari – in pochi secondi. E di determinare la fortuna o la sfortuna di interi Paesi. L’elenco degli invitati è piuttosto corposo. Tra questi, oltre alla stessa Merrill Lynch, ci sono solo per fare qualche nome Goldman Sachs, JP Morgan, Ubs. Sono tutti interessati a capire cosa farà l’Italia. Soprattutto cosa farà il governo italiano. La politica economica della maggioranza giallo-verde non solo risulta oscura, ma soprattutto appare poco rassicurante per chi ha investito un bel pò di soldi sui nostri titoli di Stato. Vogliono capire se le scelte che l’esecutivo compirà in autunno nella prossima legge di Bilancio sono compatibili con la sostenibilità del debito pubblico. Se manterrà un rapporto fisiologico con l’Unione europea, se l’euro viene considerato un’opportunità o una disgrazia.
La riunione dura quasi due ore.
E chi ha ascoltato le parole di Bagnai, ne esce poco rassicurato. In larga misura vengono confermati i dubbi che hanno agitato i mercati fin dalla nascita di questo governo. I grandi investitori internazionali non si fidano. Sono in attesa. E nel frattempo preferiscono assumere un atteggiamento prudenziale rispetto alle risorse investite nel nostro Paese. Nella sostanza si ritirano e poi guardano quel che accadrà nella prossima manovra economica.
Altri addirittura prevedono un peggioramento delle condizioni economiche italiane e si cautelano, appuntano spostando capitali dal nostro ad altri Paesi.
Del resto i dati registrati nei tre mesi di vita del gabinetto Conte da questo punto di vista sono inequivocabili. C’è una fuga di capitali e di investimenti che sta penalizzando in primo luogo l’andamento dei titoli di Stato.
Basta prendere come punto di riferimento il Target2, il sistema europeo di pagamento. A giugno il saldo per l’Italia aveva toccato 480,9 miliardi di euro.
Sono i soldi usciti dalle banche italiane verso quelle del resto d’Europa. Il mese precedente, maggio, quel dato era già salito da 426 a 464 miliardi dopo una fase di stabilizzazione. In due mesi hanno quindi lasciato i confini dell’Italia quasi 60 miliardi. E questo solo se si calcola il circuito europeo. Se si aggiunge il resto del mondo, la cifra è ben più alta. Non a caso molti degli analisti e degli investitori presenti all’incontro con Bagnai hanno parlato di un esodo che si aggira complessivamente sui 100 miliardi al mese (l’equivalente di tre o quattro leggi Finanziarie), se si computano tutti i fattori di investimento.
E’ però la prima volta, dopo la crisi del 2011, che il Target2 registra un’impennata del genere. Solo nei mesi a cavallo tra il 2011 e il 2012 si è infatti assistito ad un balzo percentuale tanto intenso (nel 2011 l’esodo fu di 190 miliardi). E le previsioni relative a luglio – il saldo sarà reso noto la prossima settimana – non sono certamente più accomodanti, a a causa amche della contrazione decisa dalla Bce del Quantitative easing Basta poi leggere il rapporto di Merril Lynch (il Fund Manager Survey) relativo ai mesi di giugno e luglio per cogliere l’aria che tira.
Il 36 per cento dei gestori europei dichiara di voler ridurre la propria esposizione sul mercato italiano e di volerla accentuare in Germania e in Francia. Il primo effetto lo si può già vedere sullo spread tra i Bund tedeschi e i Btp italiani che ieri ha toccato l’allarmante quota 270. Quasi il doppio rispetto agli ultimi mesi del governo Gentiloni (solo questo fattore sta portando ad un spesa per interessi superiore per oltre 6 miliardi di euro). La quotazione di larga parte di Btp o Bot già emessi risulta in flessione. E le statistiche su quanti bond emessi dallo Stato passano di mano ne sono il segno. Tra maggio e giugno il volume si è dimezzato.
Così come si è compressa la capitalizzazione della Borsa di Milano che ha visto ridurre il valore delle azioni tra maggio e giugno di quasi quattro miliardi; un trend che è solo parzialmente migliorato a luglio. In vista della legge di Bilancio, dunque, il governo giallo-verde dovrà fare i conti con tutti questi dati. Rassicurare o meno chi investe in Italia farà la differenza sui mercati finanziari.
Conte sarà obbligato anche a considerare le previsioni al ribasso relative alla crescita del Pil. Che probabilmente non sarà aiutato – come diceva lo scorso anno l’attuale ministro del Sud, Barbara Lezzi – dal grande caldo e dall’uso dei condizionatori.
Anche perchè tutti gli studi ormai confermano che per le economie avanzate (quelle con un reddito procapite superiore a 10 mila dollari l’anno) l’incremento del Pil non corrisponde più all’aumento del consumo di energia elettrica.