L’effetto domino dello strappo di Donald Trump sull’Iran si ripercuote sul settore moda e il design, colpendo l’Italia. Un simbolo visibile e potente si staglia, gigantesco, ai piedi delle montagne nella periferia Nord-Ovest di Teheran. L’Iran luxury mall, uno dei più grandi al mondo, due volte e mezzo quello di Dubai, dopo tre anni di lavori e più di tre miliardi di dollari d’investimento è tirato a lustro, pronto per l’inaugurazione che era prevista a settembre con fuochi d’artificio. Ma solo i marchi locali potranno partire: la maggior parte degli 800 negozi ha gli scaffali vuoti. In estate doveva arrivare un concentrato di fashion e design, in gran parte italiano. Da Trussardi a Sergio Rossi, da Iceberg a Missoni, da Etro a Alviero Martini a Coccinelle. E poi l’arredo, il legno, le ceramiche, la ristorazione.
«Avevamo avviato i primi 30 milioni di euro di ordini per l’autunno inverno, su 60 messi a budget, e già pagato un terzo della somma come acconto», dettaglia l’avvocato milanese Enrico Tarchi, legale di fiducia del magnate iraniano Ali Ansari, titolare con Imcc Group del mall. Peccato che il governo iraniano il 23 giugno, con decreto del ministero del Commercio 60/82567, ha bloccato le importazioni di 1360 categorie merceologiche. «Si va dai beni alimentari e di largo consumo, ai frigoriferi e all’elettronica, dai vestiti, alle scarpe, borse, accessori, intimo. E poi la cosmetica, la ceramica, gli arredi», continua Tarchi.
Il decreto appare come una ritorsione di Teheran dopo che Washington ha rotto il patto sul nucleare. Ma gli effetti rischiano di allargarsi. Questa misura «pone problemi gravissimi, l’Italia è già tra i primi tre esportatori europei in Iran, in particolare per la moda e il design», conferma Claudio Rotti, presidente dell’associazione commercio estero (Aice) e membro del cda di Promos della Camera di Commercio di Milano. Cosa ne è degli ordini del luxury mall, di quei 30 milioni di merce già prenotata? «Abbiamo dovuto sospendere la fornitura congelando i contratti fino al 31 dicembre. In base all’articolo 1256, visto che è per “causa di forza maggiore” non dipendente da noi, potremmo risolverli subito e chiedere i rimborsi dei depositi, ma preferiamo aspettare sperando che il governo torni indietro e riapra le dogane», auspica l’avvocato, ex socio dello studio Carnelutti e ora in proprio con Arkios Legal, sedi a Londra e Dubai. Sarebbe un giro d’affari milionario che va in fumo, «il flirt commerciale sull’asse Roma-Teheran rischia di essere soffocato in culla».
Il piano del mall dedicato alla moda e al design è quasi interamente italiano. Cinquanta marchi avevano aderito subito, altri sessanta stanno sottoscrivendo i contratti, come Armani, Prada, Ermenegildo Zegna, Roberto Cavalli, Versace, Dolce&Gabbana e Peck, altrettanti ancora stavano valutando l’affare. Che è potenzialmente enorme.
Di fatto, questo è il primo centro commerciale di queste proporzioni in Iran: 2 milioni di metri quadrati di spazi su quattro piani, 500 mila dedicati agli acquisti, con una varietà che doveva essere praticamente infinita, più cinema, hotel, pista di pattinaggio, fontane, un parcheggio da 20 mila auto, parchi divertimenti, caffè e ristoranti, un hotel 5 stelle con vista sulle montagne, e ancora auditorium e arene per gli spettacoli.
In tre anni ci hanno lavorato diecimila operai e 450 imprese locali, per dare l’idea. Lì nell’Iran mall, dell’Italia il magnate intende importare praticamente tutto, alternando formule di franchising con distributori locali a vendite dirette dei marchi.
La domanda di moda e cibo italiano è molto alta. Il 60 per cento degli abitanti di Teheran ha meno di trent’anni, i giovani conoscono e ammirano l’Italia, oltre ad avere un potere d’acquisto elevato: «Secondo alcune ricerche un quarto di loro è disposto a spendere in un anno, solo per abiti e accessori, fino a 10 mila dollari», assicura Rotti.
Sono cifre enormi, che fino a ieri spingevano gli investitori a scommettere, pur nell’ambito di una generale cautela. E adesso? Il tycoon Ali Ansari ha in programma in queste settimane visite a Roma, oltre che nel riservatissimo e sontuoso quartier generale dell’Iran mall aperto l’anno scorso in centro a Milano. Solo la sua stanza, principesca, è grande più di 150 metri quadrati. Poi c’è il resto: nell’atrio campeggia, manco a dirlo, l’enorme plastico di quella che lui chiama, con i collaboratori, «la creatura».