Gli obiettivi sono condivisibili, ma il decreto dignità rende le regole più incerte, rappresenta un disincentivo agli investimenti e un limite alla crescita. È l’analisi che il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, ha esposto ieri nell’audizione alle Commissioni Lavoro e Finanze della Camera. «Occorre evitare brusche retromarce sui processi di riforma avviati», ha detto, e vanno approvati «alcuni correttivi» che intervengano sulle causali per i contratti a termine e sulle norme ora «punitive e poco chiare» sulle delocalizzazioni. Per incentivare il tempo indeterminato bisogna ridurne i costi, ha sottolineato la Panucci, rilanciando la decontribuzione totale per i giovani. «Non si può pensare che alzando il costo del tempo determinato le imprese si orientino sull’indeterminato, la via è agire sul costo del lavoro e sostenere in maniera importante l’economia».
Per i contratti a termine secondo Confindustria sarebbe opportuno cancellare le causali fino a 24 mesi: «Sono il punto più critico, aumentano il contenzioso e non sono una vera tutela per il lavoratore» e si potrebbero generare «potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto».
La replica del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, è arrivata da Facebook:«Confindustria dice che con il decreto dignità ci saranno meno posti di lavoro, sono gli stessi che gridavano alla catastrofe se avesse vinto il no al referendum poi sappiamo come è finita. Sappiamo come finirà anche in questo caso. Non possiamo più fidarci di chi cerca di fare terrorismo psicologico, per impedirci di cambiare. Dopo anni di precariato è evidente che queste politiche non hanno aiutato nessuno. Gli effetti del decreto dignità porteranno anche Confindustria a questa conclusione». Mentre per il premier Giuseppe Conte «Confindustria fa la sua parte, ma secondo me fraintende. A leggere con attenzione il decreto si accorgerà che non ha nulla da temere. Se si dovessero usare toni allarmistici sarebbe assolutamente improprio». L’obiettivo è «contrastare la lotta al precariato e Confindustria dovrebbe condividerlo».
Scendendo nei dettagli del provvedimento, secondo la Panucci bisogna chiarire «la natura non incrementale dell’aumento di 0,5 punti percentuali del contributo addizionale per ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, evitando così un incremento irragionevole e sproporzionato dei costi a carico del datore di lavoro». Inoltre vanno riviste le norme in materia di somministrazione. Il direttore generale di Confindustria ha anche sottolineato che il raddoppio dell’indennità in caso di licenziamenti illegittimi «rischia di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato». Tra l’altro non trova riscontri in Europa: l’indennizzo minimo, 4 mesi, «è quadruplo rispetto Francia, Germania e Spagna», mentre quello massimo, 24 mesi, è superiore a Francia, 20 mesi, e Germania, 18 mesi. Anche sui contratti a tempo determinato il confronto internazionale dimostra che l’Italia è in linea con l’eurozona, 16,4 rispetto a 16,3, come lo è anche il tasso di transizione a 12 mesi dai contratti a termine a quelli a tempo indeterminato, circa il 20 per cento. Secondo la Panucci la sola abolizione dei voucher sembrerebbe spiegare una quota consistente, attorno al 15%, dei contratti a tempo determinato avvenuto dal secondo trimestre 2017. La precarizzazione del mercato del lavoro va imputata a molteplici fattori, dallo stop ai vaucher ad un aumento fisiologico in una fase di ripresa economica, ma non a «comportamenti opportunistici delle imprese». Anzi, l’aumento del lavoro temporaneo unita alla riduzione di collaborazioni e lavoro accessorio «è verosimilmente associata ad una diminuzione della precarietà».
Sulle delocalizzazioni, se «va bene» il contrasto a quelle «selvagge» bisogna distinguerle dai processi di internazionalizzazione. Occorrono correttivi che consentano di distinguere comportamenti opportunistici, da sanzionare, dalle fisiologiche scelte imprenditoriali, che vanno salvaguardate. L’obiettivo deve essere focalizzare le nuove misure sui soli casi di utilizzo scorretto dei fondi pubblici che si traduca «nella distrazione di base produttiva e occupazionale dal nostro paese».
Sulla ludopatia: il divieto assoluto di pubblicità per Confindustria è un caso isolato in Europa, va anche oltre gli orientamenti comunitari, rischia di aumentare il gioco illegale, limita in modo sproporzionato l’attività degli operatori. Di Maio, in mattinata, nell’audizione alla Camera, aveva invece dichiarato di «non poter sopportare» che realtà come Confindustria, «cui sono iscritte le aziende di Stato difendano il gioco d’azzardo».
Sul fisco, si chiede di estendere da subito l’esclusione dallo split payment anche alle imprese e di valutare una completa rivisitazione del regime sanzionatorio Iva e del reverse charge, strumenti che «non si ritengono più giustificati» con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica da gennaio 2019.