La Lega è tornata a Pontida.
Come avviene da tanti anni. Per rinnovare il “legame” con la propria storia. Con la propria identità. Indipendentista.
Nordista. Padana. Ma oggi più che a rafforzare un progetto politico, la manifestazione ha celebrato un rito della memoria.
Per rammentare, ai militanti e agli “italiani”, ciò che la Lega è stata, in passato. E ora non è più.
Perché la Lega è l’ultimo partito sorto nella prima Repubblica.
Prima della “Caduta del Muro”.
Anche se, dai primi anni Ottanta ad oggi, ha modificato orientamento e nome, in diverse occasioni. Dalle Leghe autonomiste (Liga Veneta, Lega Lombarda, Union Piemonteisa…) fino alla Lega Nord. Oggi, però, è davvero un’altra Lega. È la Lega Nazionale di Salvini. LNS. Un partito non più specificato dal territorio, da “un” territorio.
Perché è “nazionale”. E tanto “personalizzato” da essere divenuto “personale”.
L’intervento di Salvini dal palco, ieri, è apparso ed è stato uno show. “Spettacolare”. Recitato da un attore efficace e consumato.
Che ha “impersonato” un intero “popolo”. In lotta contro le élite.
Contro l’Europa dei mercati e dei burocrati. Contro l’invasione dei migranti che ci minaccia. Contro le ONG, le associazioni volontarie che, nella rappresentazione di Salvini, lucrano sulla disperazione. Salvini. Un “attore” e un “f-attore” di “rottura” con il passato. Per alcune ragioni, già accennate.
La prima: il superamento dell’identità e della presenza territoriale. La Lega, oggi, è apertamente “nazionale”. Sul palco, davanti al leggio da cui parlava il leader, campeggiava, in bella evidenza, lo slogan programmatico: “Prima gli italiani”. La Lega, d’altronde, alle elezioni del 4 marzo, ha conseguito il massimo risultato della propria storia – il 17,4% attraverso una crescita elevata in tutte le aree del Paese. Da Nord, al Centro Nord, un tempo di sinistra, fino a tutto il Mezzogiorno. La “popolarità” personale del Capo, d’altronde, nel Centro Sud e nel Sud arriva al 55%, sopra alla media nazionale.
In secondo luogo: il riferimento esplicito alla Destra, o meglio ai partiti sovranisti, e dunque nazionalisti, che operano in Europa. Contro la Ue e, in particolare, contro la Germania della Merkel e la Francia di Macron. Gli elettori della Lega, non per caso, si collocano in larga maggioranza (70%) a Centro -destra e a Destra.
In terzo luogo: la personalizzazione. Spinta fino all’estremo. Fino a farne un “partito personale”, per evocare Mauro Calise. Al governo di una Repubblica Vice-Presidenziale (la definizione è di Fabio Bordignon), guidata non dal Premier Giuseppe Conte, ma dal Vice-Premier Matteo Salvini.
“Assistito” dall’altro Vice-Premier, Luigi Di Maio.
Perché a scrivere il programma e a dettare l’agenda del governo, di fatto, è Salvini. Con le sue iniziative politiche, o meglio, “tattiche”. Finalizzate a intercettare e a orientare il clima d’opinione. Influenzato, ormai da un mese, dalla “lotta contro gli immigrati” – non saprei come chiamarla altrimenti. Con alcune “ragioni” indubbiamente “ragionevoli”. Perché il sostegno dell’Unione Europea all’Italia esiste solo a parole. La Francia di Macron, in particolare, è ben determinata a chiudere le sue frontiere. Nella nostra direzione.
Semmai, a scavalcarle, com’è avvenuto a Bardonecchia, per inseguire gli “stranieri” che le interessano. Il Governo vice-presidenziale di Salvini ha, dunque, orientato, fin dall’inizio, la propria azione alla chiusura verso gli immigrati. Per fermare i disperati che arrivano dal Nord Africa. Attraverso le porte della Libia. Un “Paese senza Stato”.
Così abbiamo inseguito anche noi, sui media, l’Aquarius, mentre altre navi trasferivano sulle nostre coste i migranti. E la maggioranza degli italiani ha parteggiato per il governo.
Garantendogli un largo consenso. La LNS è, dunque, il “partito leader”, guidato dal “vero leader” del governo. Sostenitore della “sovranità” nazionale. Matteo Salvini: ieri si è impegnato ad “abbattere il muro di Bruxelles”.
Contro l’Europa a trazione Franco-Tedesca. Salvini, amico e alleato dei Paesi del patto di Visegrad. In primo luogo, l’Ungheria. Che, da sempre, chiude le proprie frontiere.
(Anche verso e contro di noi.) Agli immigrati. Ma non certo alle risorse che giungono dalla Ue.
La Lega di Salvini: oggi è il complemento del M5s, primo partito nel Centro Sud e nel Sud.
Mentre il territorio della LNS si allarga dal Nord fino al Centro Nord. Dove un tempo, pochi anni fa, in un’altra epoca, era insediata saldamente la sinistra.
D’altronde la Lega è l’ultimo partito di massa. Ideologico, organizzato. Anche se la sua ideologia è diversa. Non disegna orizzonti e scenari. Perché più del futuro oggi conta il presente. Più delle utopie: le paure topiche.
La LNS interpreta e alimenta l’inquietudine di un Paese inquieto. E dis-orientato. Attratto dalla figura di un “uomo forte”.
Per questo, nei sondaggi, la Lega ha superato il 30% dei consensi.
Primo partito in Italia. Davanti allo stesso M5s. Rischia di occupare il Centro, non solo politico, ma anche territoriale e (si fa per dire) culturale del Paese.
Un Paese impaurito che ha bisogno degli “altri”, di nemici, per ritrovare se stesso.