Se il livello retributivo di un individuo non può essere considerato l’unico indicatore del suo benessere, di certo da questo non si può prescindere per misurarlo. Così il divario di oltre 8 mila euro tra le retribuzioni medie del Nord e quelle del Mezzogiorno, registrato a favore delle prime nel 2016, rispetto ai 6.300 euro del 2009, è il segnale di un acuirsi progressivo e irreversibile delle diseguaglianze tra territori. Il primato è di Milano con una retribuzione media di 29.600 euro a fronte di una media del Nord di 24 mila; seconda è Bologna con 25.600; terza si piazza Trieste con 25 mila euro, ben al di sopra della media del Sud, pari a 16.100 euro all’anno. Roma è sesta.
Tuttavia, avverte l’Istat, che pubblica per la prima volta un sistema di undici diversi indicatori del Benessere equo e sostenibile, riferito alle 110 province e città metropolitane italiane, le differenze sono più articolate della consueta contrapposizione Nord/Sud e lasciano emergere «veri e propri dualismi territoriali». Ciò vale non solo per il Mezzogiorno, generalmente diviso tra aree svantaggiate e aree ultrasvantaggiate.
Non è il caso però del benessere economico, laddove la differenza tra le aree del Paese è netta: le prime 22 province in termini di reddito da lavoro dipendente sono tutte del Nord, ad eccezione di Roma; nessuna provincia del Centro o del Nord occupa la coda della distribuzione, in cui invece si concentrano tutte le province della Calabria e della Campania, tranne Napoli, Foggia e Lecce per la Puglia; Matera in Basilicata; Trapani, Messina, Agrigento, Enna e Ragusa in Sicilia; le province sarde di Sassari e Nuoro. Per dare un’idea del divario, il reddito di Milano è circa due volte e mezzo quello della provincia più svantaggiata in assoluto: Vibo Valentia.
Tutto questo è il risultato non solo di una diverso tasso di occupazione sul territorio, con un Nord al 70,6% e un Mezzogiorno al 47%, ma anche della maggiore continuità o discontinuità dell’occupazione dipendente delle due aree del Paese.
La differenza invece si fa meno drammatica con riguardo alle pensioni:l’importo medio annuo in Italia nel 2015 è 17.700 euro nel 2015, più elevato al centro (18.800), col primato di Roma (21.500 euro circa) e più basso al Mezzogiorno (15.600), col minimo di Crotone (13.500). Da ricordare un dato: il 10,7% dei pensionati italiani non supera i 500 euro lordi mensili.
Continua, secondo l’ Istat, il fenomeno dell’esodo dei laureati dal Sud al Nord (soprattutto Milano e Bologna ma anche Trieste e Parma): nel 2016 il Mezzogiorno registra una perdita netta di 23 giovani laureati ogni mille residenti in pari età. Il saldo è negativo in tutte le province meridionali. Un dato su cui non si riflette abbastanza quando si chiede al Sud uno scatto di orgoglio.