Un italiano per la verità c’è. Ma in giuria. Decisamente deludente per l’Italia il bilancio 2018 all’interno degli European Inventor Award, evento annuale dell’Ufficio europeo dei brevetti organizzato per premiare le migliori idee “protette” del mondo. Tra i 12 finalisti delle diverse categorie in cui l’Italia può concorrere siamo infatti del tutto assenti, come accaduto altre tre volte dall’istituzione del premio, nato nel 2006. «Un problema culturale che dobbiamo risolvere al più presto – sintetizza Mario Moretti Polegato – perché solo proteggendo in modo adeguato la propria creatività l’Italia potrà mantenere una posizione competitiva adeguata nel mondo».
Il presidente e fondatore di Geox, unico italiano in giuria (è il sesto anno), tra i finalisti del premio nel 2012, è convinto che ormai la strada della brevettazione sia ineludibile, in un mercato globale dove si vince solo innovando. «Se l’innovazione non è protetta – spiega l’imprenditore – oggi è impossibile fare business. Questo è un modo per “blindare” il made in Italy e combattere la contraffazione. E aggiungere un tassello fondamentale alle nostre grandi capacità: siamo ai primi posti al mondo per creatività e fantasia ma purtroppo la cultura del brevetto non c’è». I numeri, del resto, sono impietosi, e non solo guardando alle classifiche dell’Award, che ci vede al quinto posto in Europa (11 tra vincitori e finalisti dal 2006) alle spalle di Germania, Francia, Regno Unito e Olanda.
Le statistiche globali dell’Ufficio europeo indicano per noi una crescita interessante delle domande di protezione (+4,3%, oltre la media), anche se in valori assoluti (4352), siamo decimi al mondo. Tenendo poi conto della dimensione del Paese il quadro peggiora ulteriormente (19esimo posto), con l’Italia a depositare 70 richieste di brevetto per milione di abitanti, la metà della Francia, un quinto rispetto alla Germania. Guardando alla stazza delle aziende coinvolte è evidente il peso dei grandi gruppi e delle imprese di dimensioni maggiori, che complessivamente valgono quasi il 70% delle domande annuali di brevetto, le Pmi il 24%, la parte restante è legata alle università e alla ricerca pubblica. Nella graduatoria per singola azienda l’Italia è chiaramente esclusa dalla fascia alta della classifica, dove primeggia nei dati 2017 la cinese Huawei con quasi 2400 domande di brevetto. Aziende tedesche, statunitensi e coreane gravitano ai piani alti della classifica con Siemens, Bosch e Basf che da sole brevettano più dell’Italia intera.
«Io però non credo che il nostro problema principale sia quello delle dimensioni aziendali – aggiunge Polegato – ma risieda piuttosto in un approccio generale inadeguato da parte del Paese: al nostro sistema in questo ambito mancano informazione e cultura. Quando incontro i giovani nelle università, aspiranti imprenditori, sento grande distanza rispetto al tema. Mi chiedono lumi sui costi, sui tempi e sulle procedure, esprimono dubbi sulla reale capacità di tutela rispetto alle copie. Ecco perché credo che sia lo Stato a doversi far carico di un nuovo approccio, inserendo questo tema, troppo importante per tutti noi, anche all’interno delle scuole, come materia di studio». Geox, poco meno di 900 milioni di ricavi e oltre 5mila addetti, è del resto un esempio di come queste procedure possano diventare arma strategica competitiva. Gli oltre 60 brevetti depositati consentono infatti al gruppo calzaturiero di vendere in tutto il mondo con la garanzia di poter agire a difesa delle proprie invenzioni.
«Per proteggerci abbiamo investito molto -aggiunge Polegato – ma il risultato è visibile, perché siamo ancora gli unici con questa tecnologia. La normativa di riferimento si è modificata nel corso degli anni e devo dire che anche in Cina noi riusciamo a tutelarci». E proprio l’osservazione della svolta di Pechino, «dove ogni giorno all’ufficio brevetti ci sono code di 3-400 persone», rafforza le convinzioni di Polegato sulla necessità di un salto di qualità per l’Italia. «Il piano Industria 4.0 ha riportato il focus sull’innovazione – spiega – e anche i competence center in fase di avvio saranno strumenti utili per il trasferimento tecnologico. Penso che anche le associazioni di categoria debbano collaborare in modo più stretto con le università, per sviluppare progetti concreti. Poi, certo, se lo Stato crea agevolazioni per chi brevetta i numeri non potranno che crescere. E “seminando” di più i risultati verranno. Perché se anche solo il 3-4% delle innovazioni avrà successo, l’Italia ha la concreta possibilità di diventare la nuova Silicon Valley».