Arrivederci al 9 maggio del 2019. Nessuna incertezza sul futuro del Salone, l’appuntamento è già fissato tra un anno, confermata alla guida “la coppia di fatto” Lagioia & Bray. La cerimonia finale, officiata dalla sindaca Chiara Appendino e dall’assessora regionale alla Cultura Antonella Parigi, è stata un trionfo di cifre che svettano ancora più in alto rispetto alla precedente edizione: 144.386 visitatori del Lingotto contro i 143.815 del 2017 (con il Salone Off si raggiunge quota 170.786).
Ma non è solo una questione di numeri. È in gioco un “bene comune”, dice Massimo Bray, a cui lo Stato non può rinunciare. E infatti non vi rinuncia. «Il marchio del Salone resterà saldamente nelle mani pubbliche», rassicura Appendino. Grazie a una convenzione, sarà la Fondazione per la Cultura (che fa capo all’amministrazione comunale) a deciderne le linee culturali. Ed è previsto un comitato d’indirizzo aperto a tutta la filiera del libro: dunque editori grandi e piccoli, i gruppi appena ritornati ma anche gli affezionati amici del Salone che l’hanno difeso nel passaggio più critico. Quanto alla vecchia Fondazione per il Libro, l’ente che ha guidato il Salone fino al 2016, «è stata avviata finalmente la liquidazione», dice la sindaca. «E questo permette di accelerare i pagamenti dovuti ai creditori».
Insomma, dopo infinite traversie, il clima è da lieto fine. Con qualche sassolino lanciato per aria dal direttore Nicola Lagioia: «Alcuni scettici dubitavano che una squadra di intellettuali, artisti e traduttori potesse guidare la manifestazione. Mi fa piacere averli smentiti. Sono gli stessi che considerano l’editoria una questione di marketing, quando invece sono i contenuti a creare mercato». Contento che gli editori partecipino alla cabina di regia?
«Ben vengano, purché rispettino lo spirito di questo Salone».
Se sopra Torino il cielo appare limpido, le nubi si vanno spostando in Corso di Porta Romana a Milano, nella sede dell’Aie, dove giovedì gli editori si riuniranno in un consiglio generale. Non sarà una seduta facile. Perché all’ordine del giorno ci saranno il divorzio di Adei (sarà concessa o meno la doppia iscrizione?) e soprattutto la riflessione sulla trionfale edizione del Salone e di conseguenza la decisione da prendere su Tempo di Libri, che comincia a preoccupare anche per il passivo (dal prossimo anno ricadrà al 49 per cento sull’Aie). Già da tempo sia Mondadori che Gems lamentano l’eccessivo impegno che comporta la partecipazione a una doppia fiera. «Due saloni sono onerosi soprattutto se realizzati nello stesso semestre», dice Stefano Mauri, editore del secondo grande gruppo italiano.
Che ne pensa della proposta di Giuseppe Laterza di predisporre – nei tempi dovuti – la chiusura della fiera milanese? «Dobbiamo discuterne in Aie, anche perché non so bene quali siano gli impegni già presi. Sicuramente Tempo di libri ha funzionato da defibrillatore: una scarica elettrica che ha risvegliato l’ammaccato Salone di Torino favorendone la guarigione». Però mancano ancora molti elementi, aggiunge l’editore. «Non conosciamo del tutto quali siano le condizioni strutturali su cui poggia la fiera torinese: i debiti della vecchia Fondazione sono tanti, per risanarli occorre una gran quantità di soldi. Dove li trovano?». Mauri confessa una grande simpatia per Nicola Lagioia, impavida guida di Librolandia: «Nella fase più critica ha dimostrato coraggio e responsabilità. Mentre gli altri abbassavano la testa, lui è andato avanti con orgoglio».
Nel prossimo consiglio dell’Aie emergeranno posizioni diverse. Se il presidente Ricky Levi è portato a difendere Tempo di Libri, di cui rivendica il successo della seconda edizione, i dubbi crescono all’interno dello stesso comitato di presidenza.
Annamaria Malato, organizzatrice dell’unica fiera del libro senza debiti (la romana Più libri più liberi), sostiene che bisogna arrivare a un unico appuntamento nazionale, anche per dare un segnale di unità ai marchi indipendenti raccolti in Adei.
«Torino è stata un indiscusso successo e l’associazione degli editori deve prenderne atto. Sarebbe davvero insensato proseguire con due saloni ».
Levi è invece convinto che nella prossima edizione si possa raggiunger il pareggio. Dopo il consiglio di giovedì, è previsto un incontro tra gli editori e Appendino insieme a Chiamparino. Anche questo servirà a schiarire le idee.