Se c’è un territorio che, tra gli altri, ha contribuito a ridisegnare la mappa dello sviluppo manifatturiero italiano questo è Modena. È pienamente dentro il nuovo triangolo industriale Lombardia-Nordest-Emilia, ospita distretti che hanno saputo seguire l’onda dell’innovazione e presenta numeri nell’occupazione, nella produzione e nell’export che sicuramente fanno invidia almeno a tre quarti del resto d’Italia. Eppure oggi la Cgil modenese ha indetto in solitaria uno sciopero provinciale di tutti i settori, di ben 8 ore che si concluderà con manifestazione in città e comizio davanti alla sede della Confindustria. Una scelta radicale che non si vedeva da tempo, per altro in una città in cui alle ultime elezioni politiche le sinistre hanno tenuto a fronte, invece, di un largo incremento di Lega e Movimento 5 Stelle nei centri minori della provincia.
Come si spiega allora lo sciopero? Partendo dai numeri del territorio, riepilogati nei giorni scorsi addirittura dall’Ires-Cgil, è difficile capirlo perché i riscontri congiunturali sono più che lusinghieri: l’occupazione presenta il miglior dato dal 2009 ad oggi, il fatturato ha toccato il massimo degli ultimi sei anni, la produzione è in aumento del 5,2% così come gli ordinativi e le esportazioni (+5,3% del 2017 sull’anno precedente). Gli industriali, infatti, sono sorpresi (per dirla con un eufemismo) di ritrovarsi con le bandiere rosse sotto la propria sede. Considerano la piattaforma dello sciopero come una rituale lista della spesa e parlano a mezza bocca di un sindacato in cerca di visibilità.
Il manifesto che indice l’agitazione cataloga lo sciopero come «prosecuzione della mobilitazione su pensione e lavoro», una formula generica che stride un po’ con il tipo di mobilitazione (otto ore di astensione dal lavoro). Nella lista poi c’è un po’ di tutto dall’immancabile revisione della legge Fornero alla difesa «del patrimonio industriale». Un caso concreto tirato in ballo è quello della Maserati dove la Cgil denuncia le incertezze sulle produzioni destinate alla fabbrica modenese. Altro tema che ricorre è la vicenda Castelfrigo con la lotta dei dipendenti del distretto delle carni contro l’uso delle false cooperative. E infatti Vincenzo Colla, segretario confederale della Cgil ed ex numero uno dell’Emilia, a domanda risponde che «lo sciopero vuole mettere al centro dell’attenzione il fenomeno del lavoro povero», una bolla di sfruttamento «che va assorbita». C’è un legame, secondo Colla, tra «un certo modello di sviluppo e le condizioni di lavoro». Quanto allo sciopero in solitaria Colla replica che «sarebbe meglio organizzarli unitariamente ma in questo caso abbiamo operato in autonomia». Tutte considerazioni che non servono certo a mitigare lo sconcerto degli altri sindacati confederali, Cisl e Uil, che hanno archiviato la proclamazione dello sciopero tirando in ballo addirittura il clima pre-congressuale che si respira in Cgil.