La riflessione sul voto del Sud è stata al centro nei giorni scorsi di un seminario milanese organizzato dalla Casa della cultura e centrato sulla relazione del professor Gianfranco Viesti dell’università di Bari. Lo speaker ha proposto un’interpretazione del massiccio consenso conquistato dai Cinque Stelle nel Mezzogiorno come «la vendetta dei luoghi che non contano», arrivando ad accomunarlo alle dinamiche sottostanti il voto per la Brexit che ha visto i territori lasciati indietro schieratissimi contro i londinesi gaudenti e cosmopoliti. Il neo-grillismo degli elettori meridionali sarebbe quindi l’espressione di «una rabbia dovuta all’umiliazione» di sentirsi completamente estranei all’evoluzione della vicenda nazionale, estrema periferia del Paese. Più che un voto per Di Maio è stato un voto «contro» — ha rincarato Viesti — criticando le valutazioni circolate largamente nell’immediato post voto circa una vittoria dei Cinque Stelle strettamente condizionata dalla proposta di un reddito di cittadinanza elargito a piene mani. Viesti non nega che quest’ipotesi possa essere stata apprezzata da frange dell’elettorato meridionale ma invita a una riflessione più ampia sul senso di frustrazione che si vive nel Mezzogiorno, raffigurabile nell’antropologia dei negozi chiusi e delle stanze dei figli vuote e nel cattivo funzionamento di beni pubblici essenziali come sanità e istruzione.
Non si può negare che le suggestioni offerte da Viesti siano più interessanti di un dibattito sul voto meridionale finora troppo focalizzato sugli effetti diretti di una promessa irrealizzabile o, al contrario, interpretato come segnale di sicuro rinnovamento. Per essere del tutto convincente l’analisi deve però essere completata da una ricognizione sullo stato reale della società sudista (che oggi manca). Del Nord sappiamo se non tutto, molto. Del Meridione troppo poco. Ed è necessario colmare questo vuoto altrimenti anche le suggestioni di Viesti finiscono inevitabilmente per essere risucchiate dall’immagine di un Sud immutabile nel tempo. E di un elettorato naturaliter predisposto a chiedere un’unica policy: spesa, spesa, spesa.