Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan il debito pubblico dell’Italia scenderà più velocemente nel periodo 2018-2020. Il trend è cominciato nel 2017, quando il rapporto tra debito e pil si è chiuso al 131,8 per cento, contro il 132% del 2016. Nel 2020, scrive Padoan nel discorso depositato all’Imfc, il comitato allargato del Fondo monetario internazionale, la percentuale arriverà al 123,9 per cento.
La conferenza stampa del ministro, a conclusione dei lavori del Fondo monetario, è un’occasione anche per un rapido bilancio internazionale di una stagione al governo: «Ho raccolto pareri positivi su quanto fatto dall’Italia. Il Fmi apprezza il nostro lavoro in tema di crescita e di conti pubblici».
Accanto a lui il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Gli viene chiesto che cosa si aspetta dal nuovo assetto politico. Risposta necessariamente generale: «La crescita è essenziale e c’è la necessità di curare le difficoltà sul piano sociale, sul piano dell’uguaglianza e della distribuzione dei redditi. Ma contemporaneamente non si possono dimenticare i vincoli che ci sono. Vincoli non formali, ma sostanziali. Non è che perché il debito pubblico si è accumulato negli anni Ottanta-Novanta che chi governa oggi non ne debba tenere conto. Sono sicuro che di questo il prossimo governo prenderà atto e cercherà di fare il meglio».
Anche le banche italiane, come quelle europee, «sono su una traiettoria positiva», ha poi aggiunto il Governatore.
Infine il sorpasso della Spagna sull’Italia, sulla base di un indicatore: il reddito pro capite a parità d’acquisto. Padoan: «E’ un sorpasso che mi preoccupa fino a un certo punto. Sono un appassionato di calcio e dico che ci possono essere rimonte (riferimento al 3-0 di Roma-Barcellona ndr). Capisco che sia un tema che appassioni. Io sono più appassionato a quello che ha fatto l’Italia negli ultimi cinque anni. Ma possiamo e dobbiamo fare di più».
Visco: «Non stiamo a fare una gara tra Paesi. Il punto cruciale è che si è fermato il processo di aggancio tra l’Italia e le economie più avanzate d’Europa. Molte cose sono state fatte, ma in un certo senso siamo tornati indietro, per esempio sulla produttività. E forse gli spagnoli sono stati più capaci di noi nella digitalizzazione».