Più bottiglie e meno damigiane. Riuscendo ad alzare anche il prezzo al litro dello spumante. È vero che l’export vinicolo “Made in Italy” gode di ottima salute. Ma se l’Italia riuscisse a sfruttare appieno il suo potenziale, potrebbe aumentare di un miliardo di dollari il valore delle sue esportazioni.
Lo studio
A fare i conti è la Fondazione Masi – l’Osservatorio nazionale per l’Internazionalizzazione – che ha elaborato un indice di analisi delle potenzialità di sviluppo dell’export e spiega come il traguardo sarebbe raggiungibile arrivando a vendere sul mercato internazionale, ad esempio, una quantità maggiore di vino imbottigliato. «Se infatti l’Italia – hanno spiegato i ricercatori della Fondazione Masi – arrivasse a imbottigliare 300 milioni di litri di quelli che attualmente vende sfusi (549 milioni), arriverebbe a valorizzare il suo export di un ammontare di 934 milioni di dollari, ammontare molto vicino al potenziale stimato. Non è un caso che nei principali mercati di sbocco il concorrente dell’Italia sia proprio la Francia, che vende il 94% del vino imbottigliato (per l’Italia si arriva al 69 per cento)».
Lo studio
A fare i conti è la Fondazione Masi – l’Osservatorio nazionale per l’Internazionalizzazione – che ha elaborato un indice di analisi delle potenzialità di sviluppo dell’export e spiega come il traguardo sarebbe raggiungibile arrivando a vendere sul mercato internazionale, ad esempio, una quantità maggiore di vino imbottigliato. «Se infatti l’Italia – hanno spiegato i ricercatori della Fondazione Masi – arrivasse a imbottigliare 300 milioni di litri di quelli che attualmente vende sfusi (549 milioni), arriverebbe a valorizzare il suo export di un ammontare di 934 milioni di dollari, ammontare molto vicino al potenziale stimato. Non è un caso che nei principali mercati di sbocco il concorrente dell’Italia sia proprio la Francia, che vende il 94% del vino imbottigliato (per l’Italia si arriva al 69 per cento)».
Non solo. C’è un altro aspetto, secondo i ricercatori della Fondazione Masi, che ci penalizza. Si tratta della scarsa valorizzazione dei nostri spumanti. Secondo gli analisti, andando a ridurre il differenziale di prezzo rispetto a quelli francesi (3,9 euro al litro per gli spumanti italiani rispetto ai 16,9 euro dei transalpini). Certo, andare a competere con un brand così consolidato come quello dello champagne è una grande sfida. «Per vincere la partita – ha commentato Beniamino Quintieri, presidente di Sace – bisognerebbe prendere esempio dalla Francia. Che ha creato etichette ad hoc uniche per i suoi piccoli produttori che da soli non riuscirebbero a sostenerne i costi e a guadagnarsi la giusta visibilità nel mare magnum di marchi e tipologie presenti. Un’etichetta che li radunasse e fosse promossa all’estero, portrebbe evitare, come accade in Italia, che tanti operatori finiscano per cedere la loro produzione a marchi più affermati, talvolta anche esteri». Poi, servirebbe una grande campagna di promozione e distribuzione, soprattutto negli Usa e nel Far East – anche attraverso i social media – per cambiare la mentalità e far percepire lo spumante come “bollicine” dal costo più contenuto ma non di minor qualità rispetto allo champagne francese.
I numeri di Vinitaly
Intanto il 52° Vinitaly ha chiuso ieri i battenti a Verona, registrando complessivamente 128mila presenze da 143 Paesi, in linea con l’edizione precedente, ma aumentando – sottolinea Veronafiere – «la qualità e il numero dei buyer esteri accreditati che quest’anno registrano un significativo +6% per un totale di 32mila presenze». In particolare, sono risultati in crescita percentuale rispetto al 2017 gli operatori da Usa (+11%), Cina (+34%), Nord Europa – Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca (+17%), Paesi Bassi (+15%) – Polonia (+27%) e triplicati da Israele. Non solo, a Veronafiere, per quattro giorni, sono stati presenti oltre 4.380 aziende espositrici (130 in più dello scorso anno) da 36 Paesi.
Intanto il 52° Vinitaly ha chiuso ieri i battenti a Verona, registrando complessivamente 128mila presenze da 143 Paesi, in linea con l’edizione precedente, ma aumentando – sottolinea Veronafiere – «la qualità e il numero dei buyer esteri accreditati che quest’anno registrano un significativo +6% per un totale di 32mila presenze». In particolare, sono risultati in crescita percentuale rispetto al 2017 gli operatori da Usa (+11%), Cina (+34%), Nord Europa – Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca (+17%), Paesi Bassi (+15%) – Polonia (+27%) e triplicati da Israele. Non solo, a Veronafiere, per quattro giorni, sono stati presenti oltre 4.380 aziende espositrici (130 in più dello scorso anno) da 36 Paesi.
L’export di vino potrebbe crescere di un miliardo was last modified: Aprile 19th, 2018 by Redazione