Allarme-protezionismo sull’economia internazionale: il sistema del commercio globalizzato che tanto ha fatto crescere l’economia mondiale nel corso dell’ultima generazione «è in pericolo di essere fatto a pezzi», cosa che rappresenterebbe «un inescusabile fallimento politico collettivo». Il monito è stato lanciato ieri a Hong Kong dalla managing director del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, quasi alla vigilia della riunione plenaria di primavera dei 189 membri dell’Fmi (20-22 aprile). Per il momento, comunque, Lagarde continua a essere ottimista sull’economia globale, le cui stime saranno aggiornate martedì prossimo dal Fondo (e non dovrebbero discostarsi in modo rilevante dalle previsioni rilasciate a gennaio di un +3,9% per il 2018 e 2019, sia pure con una enfatizzazione dei fattori di rischio). Resta il fatto che «nubi scure si addensano» sull’attuale scenario, tanto più in previsione di una riduzione degli stimoli fiscali e finanziari complessivi, in relazione al rialzo dei tassi di interesse. Senza contare, infine, le «maggiori incertezze geopolitiche».
Non a caso ieri gli operatori dei mercati internazionali sono stati in allerta tutto il giorno – sobbalzando per gli aggressivi tweet di Donald Trump – non per il contenzioso Usa-Cina sul trade, ma per i rapporti tra Washington e Mosca, che rischiano di precipitare fino addirittura a un conflitto sul campo a causa del contrasto sulla Siria. Il rilancio dell’avversione al rischio da parte degli investitori ha premiato gli asset considerati più sicuri – come oro, Treasuries e yen – esercitando invece pressioni ribassiste sulle Borse. In controtendenza sono risultate le piazze azionarie cinesi, che hanno tratto un ampio sostegno dai nuovi dettagli rilasciati dal governatore della banca centrale, Yi Gang, sulle promesse di maggiore apertura della seconda economia mondiale su trade ed investimenti delineate dal presidente Xi Jinping al Boao Forum (al quale la Lagarde ha partecipato).
«I governi debbono astenersi dal protezionismo in tutte le sue forme: la storia dimostra che le restrizioni all’import danneggiano tutti, e in particolare i consumatori più poveri», ha detto Lagarde, sottolineando che i conflitti commerciali sono dannosi anche perché tendono a minare la fiducia degli operatori economici e quindi gli investimenti. Lagarde ha aggiunto che i singoli stati hanno la responsabilità di migliorare il loro sistema commerciale esaminando le loro pratiche concrete, ad esempio «proteggendo meglio la proprietà intellettuale e riducendo le distorsioni di politiche che favoriscono le aziende statali». Nel suo discorso, la direttrice dell’Fmi ha fatto allusione ma non critiche dirette ai principali protagonisti delle tensioni commerciali attuali, ma in seguito è stata più esplicita. Gli Usa, ha suggerito, dovrebbero cercare di risolvere i problemi di violazione della proprietà intellettuale in un contesto multilaterale e magari contribuire a risolvere gli squilibri globali riducendo il loro deficit. Al contrario, la Germania potrebbe e dovrebbe spendere di più.
Dopo un giudizio positivo – nell’attesa di attuazione concreta – per le ultime riforme promesse da Pechino, Lagarde ha infine raccomandato di stare in guardia e accelerare sulle riforme contro i rischi legati alla crescita del debito nel sistema globale, che, tra pubblico e privato, ha raggiunto la cifra record di 164mila miliardi di dollari. In rialzo del 40% sul 2007, l’anno della vigilia della crisi finanziaria globale.