Milano ringrazia. Un cambio di paradigma lega la capitale lombarda all’arte. Miart, la fiera d’arte moderna e contemporanea, che da domani apre la preview per i collezionisti e da venerdì per il pubblico nei padiglioni di FieraMilanoCity per mostrare opere dagli inizi del 900 fino ai giorni nostri, è diventata una piattaforma culturale che fa da volàno alla settimana del Salone del Mobile, la Design Week, che s’inaugura martedì 17. Il prestigio che la fiera si è guadagnata negli ultimi anni – sia sul fronte dei visitatori, passati da 32mila del 2013 a 45mila nel 2017, che degli espositori, arrivati quest’anno a 184 gallerie da 19 Paesi e quattro continenti – permette di inserire l’evento nel calendario dei più importanti appuntamenti dell’arte contemporanea al mondo. E chissà se quest’anno non vedremo anche un sorpasso della vicina Artissima che ha contato 52mila visitatori lo scorso anno.
Miart con la direzione artistica prima di Vincenzo de Bellis e negli ultimi due anni di Alessandro Rabottini ha costruito insieme alle istituzioni pubbliche e private un’intera settimana d’arte: l’Art Week è decisamente innovativa con una cinquantina di appuntamenti extra fiera disseminati in tutta la città da Palazzo Reale al Museo delle Culture, dalla Fondazione Prada al Castello Sforzesco, dal Pac alla Triennale e all’HangarBicocca, coinvolgendo fondazioni, gallerie e spazi no profit, enti pubblici e privati: al centro la creatività di artisti italiani come Giosetta Fioroni, Emilio Isgrò, Giovanni Boldini, Franco Mazzucchelli, Vincenzo Agnetti e internazionali come Sol Lewitt, Teresa Margolles, Frida Kahlo, Jeremy Deller, Jimmie Durham, Barry X Ball.
Fiera, mostre, performance, spettacoli… Sembra che Milano, città con la più alta concentrazione di gallerie e di scambi nel Paese, quest’anno offrirà un programma decisamente intenso a chi ama, o lavora con l’arte. Anche Larry Gagosian ha colto la nuova atmosfera: «Quest’anno – spiega al Sole 24 Ore Pepi Marchetti Franchi, direttore della galleria americana – la sede romana della galleria compie dieci anni, finora non ci eravamo avventurati in una fiera italiana. A lungo abbiamo osservato le fiere italiane e Miart in questi ultimi anni ha fatto un balzo in avanti insieme a tutta l’offerta culturale della città. Già nei quattro anni di direzione di Vincenzo de Bellis (oggi curatore per le arti visive del Walker Art Center di Minneapolis, ndr) la fiera era cresciuta, Rabottini la sta portando avanti in direzione internazionale e mettendo in dialogo le epoche». Cosa portate a Miart? «Presentiamo, nella sezione Generation, Sterling Ruby (nato nel 1972) in dialogo con Alberto Burri (1915-1995) esposto da Mazzoleni: un confronto tra l’uso muscoloso dei materiali quotidiani e il loro potenziale metaforico di Burri e l’esplorazione delle forze del deterioramento e della bonifica attraverso frammenti di tessuto sbiancato e strappato e cartone sporco. Le fiere sono cambiate, si sono evolute: sono occasioni di incontro e confronto con collezionisti, artisti e curatori, momenti per esposizioni tematiche o monografiche. Sono una nuova forma di socializzazione. E dopo la fiera il confronto e gli affari proseguono in galleria».
Milano è cambiata: «Chi viene per visitare la manifestazione – spiega Simona Greco, Exhibition director Miart di Fiera Milano – è un compratore di alto profilo che non si ferma all’acquisto di arte, ma sceglie di circondarsi del meglio che Milano può offrire, ed è, per questo, disposto a spendere. In questo senso, il buyer di Miart, ma anche il gallerista e il visitatore appassionato, rappresentano un potenziale ritorno importante per la città. Rispetto ai visitatori delle fiere b2b legate all’industria, maggiormente orientati al business fieristico, qui ci troviamo davanti a fruitori “slow”, dotati di alto potenziale di spesa, pronti a farsi coinvolgere e conquistare dalla città anche al di fuori dell’ambito della visita in fiera».
«Frequento abitualmente Milano: offre moltissimo nella cultura contemporanea: è la numero 1 in Italia» conferma la direttrice di Gagosian, che ogni anno espone in circa una decina di fiere, da Frieze a Londra a Fiac a Parigi e tutte le edizioni di ArtBasel (Miami, Hong Kong e Basilea).
Così Milano scrive una nuova storia. «La città – conferma Roberta Guaineri, assessore al Turismo – vive una fase storica molto positiva, è riconosciuta in Italia e all’estero come internazionale, accogliente, aperta e in grado di rispondere bene alle domande del turismo moderno. Ora stiamo bilanciando e valorizzando le nostre potenzialità, affiancando al più classico turismo legato al business o sensibile al richiamo delle grandi opere d’arte e dei monumenti, un turismo affascinato dai grandi eventi concentrati in alcuni giorni o settimane come l’Art Week o Piano City».
E gli affari? La centralità delle fiere nel sistema dell’arte la rivela Clare McAndrew nel suo report “The Art Market 2018”. Nel mercato dell’arte la svolta è definitiva e irrinunciabile: nelle fiere d’arte, o dalle relazioni lì costruite, i galleristi concludono il 46% degli affari, rispetto al 48% concluso direttamente in galleria. A livello mondiale si stima un fatturato nel 2017 pari a 15,5 miliardi di dollari (+16,5% sul 2016) a fronte di costi per parteciparvi in crescita del 15% a 4,6 miliardi. Un grande sforzo che porta risultati: le vendite sono aumentate del 5% nell’ultimo anno e del 16% dal 2010. Sono, soprattutto, le gallerie grandi o medio-grandi a giovarne, più difficile sostenere i costi per i piccoli o giovani operatori, per loro fare due o tre fiere costa quanto aprire una seconda galleria.
Questi eventi portano indotto economico nelle città: Londra, Basilea, Parigi, New York e Hong Kong hanno moltiplicato gli appuntamenti fieristici attraendo un milione di persone della comunità dell’arte nel 2017 e per il futuro i galleristi che vi hanno partecipato sono ottimisti. Gli organizzatori di fiere come ArtBasel, controllata dallo svizzero Mch Group, si spingono oltre: Cecilia Alemani, curatrice del padiglione Italia dell’ultima Biennale di Venezia, è al lavoro, in qualità di direttore artistico di Art Basel Cities Buenos Aires, al progetto di valorizzazione culturale della città argentina sulla scena internazionale. Assistiamo alla costruzione sintetica di piattaforme culturali.
Per gli artisti è un ulteriore spazio di visibilità, oltre alle mostre nel white cube. Su tutti i periodi esposti, l’arte del dopoguerra e contemporanea domina, con in testa Andy Warhol e Pablo Picasso. Non c’è da stupirsi. «Il progetto Miart mette in dialogo differenti generazioni di artisti» conclude Rabottini. «Ci muove la convinzione che in arte il presente sia una dimensione complessa del tempo, in cui possiamo trovare sia forme di relazione con la storia che prospettive di immaginazione sul futuro, e che tanto l’arte del secolo scorso, quanto quella delle generazioni più recenti abbiano non solo punti di tangenza tra di loro, ma anche diverse forme di attualità».