La figura dell’imprenditore non vive tempi facili. Per la verità non li ha mai vissuti. Difficile pensare che un bambino sogni di diventare da grande un imprenditore. Si sognano mille mestieri, certo non quello di aprire un’azienda. Eppure imprenditori difficilmente si diventa. Certo lo si diventa perché ad un certo punto della propria vita si sviluppa un’idea imprenditoriale. Ma alcune caratteristiche sono connaturali alla persona. Un imprenditore è: un entusiasta, un combattente, mai single. Non è un entusiasmo effimero il suo o limitato nel tempo. La soddisfazione che prova lo accompagna per lungo tempo. Per questo motivo l’imprenditore non è un single: lui si accompagna al suo sogno. Non è determinante quanto grande o piccolo sia. C’è l’ha dentro e si muove di conseguenza. Si muove in modo istintuale, tanto che il detto “butta il cuore oltre l’ostacolo” gli appartiene totalmente. L’incertezza fa parte del suo modus operandi. Per questo è un combattente, non molla mai. Il superamento della sconfitta, dell’insuccesso, è solo un episodio del suo viaggio. Anzi, è un’occasione per ripartire carico di esperienza. L’imprenditore conosce il motivo profondo per cui vuole costruire quel suo sogno. Ha un collegamento tra sogno e mezzi per raggiungerlo molto più stretto di chi fa altri mestieri. Talvolta il prodotto che immagina di vendere non è il suo obiettivo ultimo. Si va da chi vuole essere il più ricco tra i suoi conoscenti, a chi vuole essere il più bravo tra i suoi conoscenti. C’è di mezzo il riscatto sociale, oppure la volontà di cambiare il mondo. L’imprenditore è sposato con la sua idea e, contemporaneamente, è un individualista per definizione. Questo è il suo vero tratto. Questo è il suo vero valore. Possono essere un gruppo di soci quelli che partono, questo non significa che sia una “comune”. Ognuno è fortemente motivato soggettivamente. Il rapporto tra sogno e contatto intimo con la ragione ultima della sua aspirazione, avviene tutto dentro di sè. Poi ci sono gli altri protagonisti, e non sono meno importanti per raggiungere il risultato finale. Anzi, oggi giocano un ruolo sempre più decisivo. Tutti gli imprenditori hanno un forte debito di riconoscenza per chi gli ha aiutati a raggiungere il successo. Possono essere tra le figure più diverse: il compagno in affari, il compagno/a di vita, il manager, i propri collaboratori. Caprotti, il patron di Esselunga morto nel 2016, ha lasciato una cospicua eredità alla sua segretaria. Evidentemente si trattava di una figura decisiva per la costruzione del suo impero. Probabilmente molto più importante di tutte le altre persone con cui ha condiviso la sua avventura imprenditoriale.
Una foresta fatta di 500 alberi
In questo caso, essere individualisti non significa essere avari o egoisti. Talvolta il valore dell’individualismo può portare a forme di totale interesse per se stessi e contemporaneo disinteresse per gli altri. Molto più frequentemente ha una vocazione altruista. Quello che qui si vuole enfatizzare è come solo il valore dell’individualismo sia il principale motore dell’essere imprenditore. La scintilla nasce da qui. In un secondo momento può incendiare chi gli sta vicino. Ci sono schiere di imprenditori che se ne fregano dei propri compagni di cordata, mentre altri sono attentissimi alle esigenze dei propri dipendenti e del proprio territorio. Ma entrambi sono degli imprenditori mossi da un loro personalissimo bisogno. A leggere le pagine contenute in “Nuove Imprese”, il libro scritto da Filiberto Zovico, la figura dell’imprenditore che emerge richiama proprio il valore dell’individualismo. Zovico non ne traccia un profilo specifico. Spesso li lascia raccontare del loro business. I tratti, però, che emergono sono chiari. Quelle raccolte in “Nuove Imprese” sono aziende che hanno dai 20 e 120 milioni di fatturato. Hanno delle caratteristiche precise: sono riuscite tra il 2010 e il 2016 ad aumentare il fatturato mediamente del 7%, un EBITDA superiore del 10% e hanno un indebitamento basso. Sono 500 champions che si muovono, quasi esclusivamente, nel Nord d’Italia e che hanno vissuto la recente grande crisi come un’opportunità per ristrutturarsi e rilanciarsi. Leggere l’appendice del testo, in cui sono contenute le 500 aziende, è come affrontare il vocabolario di una lingua sconosciuta. Sono tutte realtà dai nomi inusuali. Solo se si lavora dentro a queste realtà, o ci si vive vicino, si può avere la possibilità di conoscerle. Il merito di Zovico, e del centro studi ItalyPost, è quello di aver avuto l’idea di metterle sotto il radar. Averle scovate attraverso una precisa ricerca e, in molti casi, aver voluto conoscere da vicino l’imprenditore che le ha generate. La parte centrale del libro, infatti, contiene 12 storie di imprese che identificano alcune caratteristiche peculiari fonte del loro successo. Si va dal ruolo delle persone, alla centralità del cliente, per arrivare all’attenzione per la logistica o all’innovazione. Ne esce un quadro in cui il valore dell’individualismo si è trasformato in una forte distintività dell’azienda. L’azienda fatta soggetto, con quel tipico tratto particolare che permette ad ogni persona di differenziarsi l’una dall’altra. Gli esempi riportati sono vari. C’è chi opera in settori fortemente tecnologici, come la Brevetti CEA, e chi ha costruito un business altamente profittevole in un mercato che avremmo definito low cost come quello dei campeggi, vedi il caso di “Bella Italia”. Una cosa li accomuna: l’ossessione per la qualità, dai collaboratori al prodotto. Questi sono imprenditori che trovano una motivazione intrinseca nel fare bene le cose, nel vedere il frutto del loro lavoro raggiungere alti livelli di perfezione. Non ci sono dubbi che Zovico nell’incontrare questi imprenditori abbia passato poco tempo nei loro uffici mentre avrà speso molto tempo con loro nel vero palcoscenico: i luoghi della produzione, gli spazi della generazione. Negli uffici ci stanno i freddi numeri, nelle fabbriche ci sta tutto quello che permette a loro di realizzare i prodotti. L’imprenditore è uomo del fare, si diceva una volta, e lo rimane.
La giusta dimensione
Sono 500, non sono poche le aziende individuate. Un numero considerevole che lascia ben sperare per il nostro futuro. In questo senso sarà interessante monitorarle da qui in avanti. Vedere se di anno in anno proseguiranno nelle loro performance. Quali traiettorie assumeranno. Sono realtà solide, dice l’autore:
“In ciascuno di questi imprenditori si coglie immediatamente una straordinaria capacità di non cercare in nessun caso l’utile immediato mettendo a repentaglio le prospettive di crescita dell’azienda”.
Non sembrano interessate ad una crescita spasmodica. Vogliono sì aumentare di peso, ma non snaturare la loro essenzialità. Qui sembrano emergere i limiti di questa capacità imprenditoriale che ha radici antiche e che però mantiene anche quella predisposizione, molto italiana, di amare il “piccolo in quanto bello”. Di voler controllare tutto e di sviluppare poco quell’esercizio difficile, quanto mirabile, della delega. Qui non c’entra più la stazza. Come evidenziato da Vittorio Colao, Amministratore Delegato di Vodafone, alla presentazione dei 500 champions avvenuta il 16 marzo scorso in Borsa a Milano, la visione della piccola dimensione è superata grazie all’innovazione tecnologica e al Made in Italy. Se questo è vero, rimane essenziale essere leader della propria nicchia. Ma le nicchie non rimangono ferme. Ecco perché la delega diventa un gesto atletico sempre più necessario. Per definizione, quando qualcuno diventa un case history i concorrenti cercano di rubare lo scettro, impossessarsi del tuo spazio al sole. La risposta alla concorrenza è fatta dalla continua innovazione e, molto spesso, dalla capacità di andare oltre le ragioni che hanno permesso il successo fino a quel momento. Se il successo è stato quello di dominare tutta o gran parte della filiera, significa andare oltre questo schema. Essere sposati con il proprio sogno non significa non capire quando è il momento di lasciarlo perché possa entrare in un sogno più grande o nel sogno di un’altra persona. E’ quanto avvenuto in questi giorni alla Traconf, azienda specializzata nella logistica del fashion, una delle 500 champions portata ad esempio da Zovico, che è stata acquisita da Nippon Express, uno dei più grandi operatori di logistica al mondo. Un ulteriore segnale di quanto fosse champion.
Quale futuro ci aspetta?
L’analisi di ItalyPost non evidenzia l’anzianità delle 500 aziende. L’impressione è che molte siano di prima generazione. Come le statistiche ci dimostrano, la mortalità delle aziende può avvenire per ragioni esterne legate al mercato di proprio riferimento o per ragioni tutte interne: uno su tutti il passaggio generazionale. L’individualismo è la miccia, poi va governato e gestito. Essere concentrati su se stessi può anche comportare di non riuscire a capire il contesto esterno, in primis quello della propria famiglia. Se a questi champions la mancata visibilità è stata superata anche grazie a questo encomiabile lavoro, è del tutto assente la loro capacità di rappresentanza e, soprattutto, la loro capacità di farsi sentire con la politica. Questi imprenditori non hanno tempo per le chiacchere, ci trasferisce Zovico. Fare impresa oggi vuol dire essere assorbiti totalmente perché le variabili del business sono infinite. Dimenticarsi di rappresentare le proprie istanze può essere molto rischioso perché queste imprese, se vivono di export, sono pur sempre radicate nel territorio. Anzi, traggono linfa essenziale dal territorio. Anche qui sembrerebbe emergere un punto di forza di quel individualismo sopra descritto che rischia di assumere alcuni connotati del limite. I combattenti stanno in battaglia tutti i giorni e non si preoccupano di quello che avviene fuori dal giardino di casa loro. A loro non si chiede di diventare dei politici. Le esperienze, anche del recente passato, non sono felici. Devono rendersi conto che hanno una responsabilità larga, non solo legata alla loro azienda (che rimane fondamentale per la prosperità delle stesse). Queste 500 aziende o sono il futuro dell’Italia, o non c’è futuro per noi. Sia chiaro: questa non è una chiusura ad effetto per queste righe. E’ solo una necessità per il nostro Paese. Di questo i 500 imprenditori ne devono essere consapevoli: hanno creato dei capolavori. Noi abbiamo bisogno di loro: imprenditori individualisti sempre più altruisti.
Titolo: Nuove imprese: Chi sono i champions che competono con le global companies
Autore: Filiberto Zovico
Editore: Egea
133 pp; 18 Euro