Finita la campagna elettorale e aperte le urne si possono analizzare i dati mensili Istat sull’occupazione con maggiore discernimento e minori pressioni politiche. Esercizio utile non tanto per confezionare la pagella del mese quanto per capire le tendenze di medio periodo del mercato del lavoro italiano, che – va detto – resta estremamente volatile. Mentre la ripresa, soprattutto nei territori del triangolo Lombardia/Veneto/Emilia, avanza con sicurezza e evoca negli analisti paragoni con il passo della manifattura tedesca, l’occupazione non si scarica a terra con pari forza. Detto questo qualche segnale positivo ieri dall’Istat è arrivato e non va sottovalutato. Gli occupati sono cresciuti seppur di poco (+19 mila mese su mese mentre il saldo su base annua è +109 mila) e l’intera crescita è dovuta all’ingresso al lavoro di donne. Non abbiamo riscontri utili per sapere se questi numeri sono influenzati da una forte componente part time ma per ora dobbiamo accontentarci di sapere che gli incrementi occupazionali sono di colore rosa. E non è poco.
I 19 mila occupati in più sono in realtà un saldo tra i 39 mila indipendenti in meno e i 58 mila dipendenti in più. In sostanza continua la tendenza, già manifestatasi lungo tutto il ‘17, dei lavoratori autonomi a perdere occupazione e le evidenze parlano di tagli che colpiscono soprattutto i commercianti seguiti a un passo dagli artigiani. Sarebbe interessante conoscere l’età media di chi perde il lavoro per vedere se si tratta per lo più di pensionamenti più o meno anticipati. Crescono, dunque, i lavoratori dipendenti e c’è subito una sorpresa: mentre nel ‘17 abbiamo conosciuto l’apoteosi dei contratti a termine (con tutte le analisi che hanno finito per riproporre la precarizzazione del lavoro) esaminando febbraio ‘18 i nuovi contratti a tempo determinato sono cresciuti di sole 4 mila unità a fronte di 54 mila assunzioni «fisse» o stabilizzazioni che le si voglia denominare. Una netta inversione di tendenza.
Ma il contropiede che viene dai dati di febbraio presenta un’altra sorpresa: non sono stati gli incentivi governativi ripristinati con l’ultima legge di Stabilità a favorire il rialzo dei contratti stabili. Quei bonus sono limitati dalla normativa alla platea degli under35 e esaminando i dati Istat di ieri le due fasce d’età che catalogano i giovani dai 15 ai 34 danno segno negativo: -18 mila unità occupate in febbraio. A crescere sono stati invece gli over35 — non coperti dagli incentivi — con +37 mila unità in più. Da questa serie piuttosto larga di contraddizioni e sorprese se ne potrebbe far derivare che il nostro mercato del lavoro è impazzito ma forse prima di dare giudizi definitivi è meglio aspettare i dati dei prossimi mesi per constatare se le tendenze di febbraio si saranno consolidate oppure se è destinato a rimanere un mese statisticamente anomalo. Di sicuro comunque una doppia riflessione sull’efficacia degli incentivi alle assunzioni stabili e il calo inarrestabile del lavoro autonomo si impone e magari interessa da vicino almeno uno dei partiti, la Lega, usciti vincitori dalle urne del 4 marzo.
Per finire va ricordato come il tasso di occupazione sia rimasto fermo al 58%, quello di disoccupazione sia sceso dello 0,2% mentre la sola disoccupazione giovanile è risalita al 32,8%. È chiaro che in questi giorni di impasse parlamentare i numeri del lavoro non troveranno quell’attenzione che meritano ma tenerli a mente giova perché inevitabilmente torneranno al centro dell’attenzione quando si delineeranno i nuovi equilibri politici.