Il mondo dopo il Qe e dunque la politica monetaria dopo l’ultimo acquisto netto di attività continuerà ad avere aggiustamenti che rimarranno «prevedibili» e la Bce procederà lungo il percorso dei tassi d’interesse «con un passo misurato» (measured pace) e la forward guidance continuerà ad assicurare, come fa adesso e ha fatto in passato, la «stabilità sulla parte a breve» della curva. Nessuna sorpresa, in sintesi, nessun salto all’insù imprevedibile dei tassi. Così ieri il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, in occasione della 19a edizione della conferenza sugli Ecb Watchers organizzata dall’Imfs (Institute for monetary and financial stability), ha per la prima volta iniziato a descrivere come sarà il mondo dopo la fine dell’Asset Purchase Programme (APP). Il messaggio è nuovo ma il tono è rimasto quello della colomba ed è così che è stato letto dai mercati, come la conferma di una politica che resterà accomodante a lungo, ancorata a quello scenario di tassi come quelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività.
Draghi ieri ha comunque aggiunto un altro piccolo tassello nella direzione della nuova era post-Qe e questa novità è arriva a pochi giorni dall’abbandono dell’”easing bias” e la cancellazione, decisa nell’ultima riunione del Consiglio direttivo, del riferimento a un possibile aumento degli acquisti, se necessario.
Per la prima volta il presidente della Bce ha iniziato a descrivere la nuova fase, per preparare il mercato a capire cosa accadrà dopo il Qe, dando segnalazioni rassicuranti come la promessa di continuare con la «prevedibilità» e di mantenere il controllo sulla parte corta della curva dei rendimenti. Anche nella forward guidance post-Qe, che sarà lo strumento principale, i movimenti, gli aggiustamenti, saranno misurati, calibrati. Ancora ieri la Bce ha ricordato che monitora da vicino i mercati, e le reazioni dei mercati, perché uno scatto in avanti dei tassi provocato da mercati che corrono ha poi ripercussioni sulle condizioni del credito e quindi sull’andamento dell’economia.
Il passaggio chiave, con questo linguaggio inedito sul post-Qe segnato dalle parole «prevedibile» e «misurato», è arrivato proprio alla fine del discorso pronunciato dal numero uno della Bce, dopo la descrizione di una situazione nota: un’inflazione che non ha ancora raggiunto il target vicino ma sotto il 2% sul medio termine, e che proprio per questo richiede la continuazione di una politica monetaria «paziente, persistente e prudente». L’inflazione headline infatti non solo dovrà salire per convergere verso il target, ma dovrà essere resiliente, con un aggiustamento che dovrà sostenersi da solo senza bisogno di altri acquisti di attività. Uno scenario che tra le tante note incertezze, come quella sui tempi e sull’entità dell’impatto delle dinamiche salariali sull’inflazione, vede aggiungersi ora “i possibili effetti delle nuove misure sul commercio annunciate dall’amministrazione Usa”, dove nel caso di ritorsioni estese ad altri prodotti ed escalation delle tensioni, le conseguenze possono essere “gravi e negative”su fiducia e investimenti.
Di per sè, il solo fatto che Draghi abbia iniziato a descrivere come sarà il mondo dopo il Qe avrebbe avuto avere una portata da falco: ma il messaggio di fondo è rimasto quello di una politica molto accomodante e molto graduale. Ancora ieri il presidente ha ribadito che dopo gli acquisti netti proseguirà a lungo i re-investimenti dei titoli scaduti: tra il marzo 2018 e il febbraio 2019 questi ammonteranno a 167 miliardi e l’ammontare resterà di dimensioni importanti in seguito. I mercati non amano le sorprese e non le avranno: Draghi ha chiuso il suo discorso con le vecchie parole chiave della politica monetaria: paziente, persistente, prudente.