L’incertezza sul voto in Italia finora non ha avuto ripercussioni importanti sui mercati ma con l’avvicinarsi della scadenza elettorale gli investitori iniziano ad essere più sensibili. Lo si è visto giovedì quando le parole del presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, che ha dichiarato di attendersi instabilità sui mercati a marzo dopo il voto in Italia, hanno provocato scossoni sulla Borsa e sui titoli di Stato. Questo episodio di volatilità, benché isolato e tutto sommato contenuto, è indicativo della vulnerabilità dell’Italia sui mercati alla vigilia di un’incerta partita elettorale. Se è vero che finora le tensioni su Borsa e titoli di Stato italiani sono state relativamente contenute è anche vero che c’è una parte del mercato che si sta preparando a fare i conti con una possibile impennata della volatilità.
Chi vende prima del voto. Un segnale in questo senso arriva dai fondi speculativi che hanno incrementato le loro scommesse ribassiste sulla Borsa di Milano alla vigilia del voto. Ad oggi, stando a un’elaborazione che Il Sole 24 Ore ha fatto su dati S&P Market Intelligence risultano posizioni «corte» per un controvalore di 10,9 miliardi di euro. Da fine settembre ad oggi l’incidenza delle scommesse ribassiste sulla capitalizzazione del listino è passata dall’1,5% all’1,78 per cento. Se si esclude l’ultima settimana in cui la Borsa di Milano è andata in controtendenza rispetto al resto d’Europa perdendo lo 0,14% contro un +1% dell’indice europeo, il mercato azionario italiano non pare tuttavia aver sofferto più particolarmente il clima pre-elettorale. Prova ne sia che Piazza Affari risulta ancora la migliore in Europa da inizio anno con un rialzo del 2,79 per cento. Stesso copione per i titoli di Stato. Rendimenti e spread sono risaliti da inizio anno risentendo della generale volatilità che ha interessato il mercato obbligazionario ma senza mai superare i livelli di guardia. Non sono mancati tuttavia gli investitori che hanno deciso di vendere BTp per evitare la volatilità a cavallo delle elezioni. È il caso del fondo americano Franklin Templeton, un colosso da oltre 750 miliardi di dollari di asset in gestione che, stando alle dichiarazioni del capo del reddito fisso per l’Europa David Zahn, ha dimezzato la sua esposizione sul debito pubblico italiano in vista del voto.
I fattori di rischio immediati. Il mercato ha finora prezzato relativamente il rischio politico legato. Se è vero che, dal giorno del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ad oggi sui mercati obbligazionari gli investitori hanno preferito i Bonos spagnoli ai BTp italiani è anche vero che Piazza Affari ha beneficiato abbondantemente della ripresa economica registrando un rialzo del 50% dai minimi dell’estate 2016. Negli ultimi mesi poi non si è vista quella tensione che si era vista in altri appuntamenti elettorali come il referendum sulla Brexit o le elezioni politiche in Francia dello scorso anno. Questo si spiega con il fatto che gli investitori hanno ridimensionato molto l’eventualità di un’uscita dall’euro del nostro Paese. Un po’ perché, anche se dovesse esserci una netta affermazione delle formazioni più euroscettiche come la Lega o il Movimento 5 stelle il carattere proporzionale della legge li costringerà a fare alleanze e verosimilmente a moderare di molto le ambizioni più estremiste. Un po’ perché le stesse formazioni anti-sistema hanno per il momento messo da parte l’idea di un referendum sull’euro. Se finora i mercati non si sono mostrati particolarmente nervosi sull’esito della partita elettorale non è escluso tuttavia che nei giorni a cavallo del voto la volatilità torni a farsi sentire. «Nei prossimi giorni non avremo sondaggi – fa notare Philippe Waetcher capo economista di Natixis Asset Management – e c’è il rischio di avere notizie false che potrebbero influenzare il mercato». Quanto agli scenari post-voto secondo l’economista potremo assistere a «un allargamento degli spread» in caso di affermazione superiore alle aspettative di Lega Nord e Movimento 5 stelle.
Per quanto l’Italia possa contare sul sostegno della Bce, che continua ad acquistare titoli di Stato italiani nell’ambito del suo programma di Quantitative easing, sono in molti a pensare che questo sostegno potrebbe rivelarsi meno efficace nel caso in cui dovesse delinearsi un governo di stampo populista. Un fatto che sarebbe «percepito come un rischio per l’integrità dell’euro» secondo Silvia Dall’Angelo, senior economist di Hermes Investment Management e in quanto tale comportare «un aumento degli spread pronunciato e persistente». Tra i fattori che potrebbero influenzare la reazione dei mercati l’economista cita inoltre l’incertezza «inusuale anche per il contesto italiano» circa la composizione del prossimo governo dovuta alle caratteristiche della legge elettorale.
I rischi di lungo termine. Il peso elettorale delle varie formazioni sarà determinante nel capire quale sarà il profilo del nuovo governo, quale approccio avrà nei confronti dell’Unione europea e quali saranno le ricette di politica economica che intenderà adottare. Jeremy Lawson capo economista di Aberdeen Standard Investments pur continuando a preferire i BTp italiani ai Bund tedeschi fa capire che potrebbe cambiare orientamento se ci dovesse essere «un allentamento della politica fiscale o di un rallentamento delle riforme strutturali dopo le elezioni». Non bisogna dimenticare che la Bce ha iniziato a ridurre il Qe e si avvia a una graduale riduzione dello stimolo monetario. Se la stretta monetaria dovesse accompagnarsi a un eccessivo allentamento fiscale è inevitabile un contraccolpo sui mercati.