Dino De Poli, il presidente, è il più sorpreso: «Verona? Non so nulla, mai sentito niente». Il risiko delle fondazioni bancarie da Nordest, con il matrimonio di Verona e di Treviso, regista a promotore Cariverona, ha colto in contropiede Fondazione Cassamarca, che dopo aver elaborato il piano triennale di rientro attendeva notizie da Roma. Ma non queste.Il futuro sembra però scritto: Acri, l’associazione di fondazioni e casse di risparmio italiane, ha deciso di prendere di petto il problema delle Fondazioni, e vorrebbe più che dimezzarle (da 88 a 40) nei prossimi anni, favorendo e spingendo per aggregazioni fusioni e incorporazioni.
In Fondazione, la sorpresa è, a ben scavare, più relativa di quanto non lasci capire la reazione del presidente. «Verona? Era lo stesso presidente a volerla, più volte, l’ultima nel 2015, ma Verona era troppo grande, non potevamo scomparire», si lascia sfuggire un consigliere, «ma ora è tutto prematuro, per noi, bisogna valutare i tempi».Ma sembra evidente che al prossimo congresso nazionale dell’Acri, a Parma, lo storico presidente Giuseppe Guzzetti ratificherà ai diretti interessati quelli che oggi sono rumors, peraltro non smentiti ieri. E dunque Treviso sarà destinata alle nozze con Verona, che magari non muore dalla voglia di accollarsi Ca’ Spineda in difficoltà finanziarie, ma che come contropartita avrà un ruolo di grande regista a Nordest con propaggini lungo l’ Adriatico, fino alle Marche. Una specie di Cariplo (per restare all’istituzione cara a Guzzetti) applicata su vasta scala interregionale a Nordest.
Un sogno, guarda i corsi e ricorsi della storia. Che proprio De Poli, con l’allora suo collega veronese Biasi avevano a lungo cullato, senza però riuscire a realizzarlo.E che oggi rischia di nascere senza i suoi protagonisti storici. Se Biasi è uscito anche dal fondo immobiliare Unicredit, De Poli sta per scendere da Fondazione, terminando il suo mandato il prossimo 10 dicembre. E non può più ricandidarsi.Il suo congedo dalla poltrona di presidente ricoperta sin qui da nessun altro, nella storia di Fondazione, potrebbe preludere alla nuova era di Ca’ Spineda, assorbita da Verona. «Non solo il “dopo di me il diluvio”», commentavano già ieri i maligni, «ma anche “nessun altro dopo di me a comandare”».
E dice tutto che qualcuno, ai piani alti di Ca’ Spineda, si interroghi su tempi e modi dell’operazione, evidentemente decisa sopra la testa di Ca’ Spineda. «Ci può stare», dice un autorevole osservatore, «ma si dovrà vedere come avverrà, se per fusione e incorporazione o se invece sia possibile una sorta di federazione che tuteli in qualche modo un’autonomia trevigiana». Alchimie da nuovo statuto: il patrimonio dice anche che tuttora Verona pesa 4 volte più di Treviso. E che peraltro Fondazione Cassamarca è indebitata ancora per oltre 150 milioni, certo garantiti dal patrimonio, ma alle prese con il piano di rientro e con le dismissioni immobiliari per continuare la sua attività istituzionale e reperire le risorse per la gestione annua (7,5 milioni a regime dopo i l rientro). A proposito di immobili: il progetto Acri delle fusioni a Nordest potrebbe anche rilanciare un’idea che circolava nei mesi scorsi in Fondazione, quella di girare al fondo Unicredit gran parte del patrimonio immobiliare, per abbattere drasticamente il debito. Nel nuovo scenario, se ne potrebbe riparlare.