«Da domani invieremo a tutti i partiti il nostro programma per il Paese in 38 pagine. Non abbiamo invitato i politici per non creare qui un supplemento di campagna elettorale. Vogliamo invece che le forze politiche, e il governo che verrà, prendano posizione sulle nostre istanze. E sia chiaro: questa piattaforma non fa gli interessi degli industriali ma quelli dell’Italia». Così ieri il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia — davanti alle assise dell’associazione riunite a Verona, circa 4 mila imprenditori in sala e 7 mila iscritti alla due giorni di lavori — ha rimesso al centro le istanze dell’industria in vista delle elezioni.
Vediamole allora le proposte degli industriali. La prima: non si tocchino la Fornero, il Jobs act e il piano Industry 4.0 (sgravi alle imprese che investono nel digitale). Detto questo, per Boccia serve un nuovo piano di riforme con tre obiettivi: più crescita, meno debito e più lavoro. Per Confindustria nei prossimi cinque anni l’Italia potrebbe avere un tasso di crescita medio annuo almeno del 2% (la Ue prevede +1,5% nel 2018 è +1,2% nel 2019). Centrare l’obiettivo permetterebbe di creare 1,8 milioni di posti di lavoro, facendo scendere il tasso di disoccupazione sotto il 7% (oggi è al 10,8%). La terza «missione» per l’Italia sarebbe ridurre il rapporto debito/Pil (ora al 132%) di almeno 20 punti in cinque anni. Per mettere a segno goal così ambiziosi servono risorse per politiche espansive. Confindustria è convinta che si possano mettere in campo 250 miliardi in 5 anni di cui 93 dall’Europa, 38 dal settore privato e fino a 120 tramite azioni sul bilancio pubblico. Nonostante Vincenzo Boccia non volesse commentare i programmi dei partiti, le sottolineature sulla necessità di «non bloccare le infrastrutture» sembravano andare dritte all’indirizzo del M5S. L’argomento è ancora più sensibile dopo gli atti vandalici alla sede di Confindustria Lecce da parte degli attivisti contrari al gasdotto Tap.
Il passaggio sulla politica che «pensa di garantire un reddito a chi sta a casa invece di creare lavoro» aveva l’aria di una stroncatura del reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle e del reddito «di dignità» di Forza Italia. Per quanto riguarda l’operato del centrosinistra, una critica è arrivata al nuovo codice antimafia: «Non si può equiparare chi fa impresa alla criminalità organizzata». Per finire, il «patto della fabbrica», la riforma del modello della contrattazione a cui Confindustria e sindacati lavorano da un anno e mezzo. La Cgil ha ribadito lunedì scorso che serve un approfondimento della trattativa. A quanto pare accordato: «C’è una negoziazione in atto — ha detto Boccia —. Vedremo se ci sono le condizioni per chiudere».