Per molti anni mi è capitato di selezionare chef. Era l’epoca in cui non erano le star di oggi. Comunque, non era facile reperirli perché era un lavoro faticoso e non sempre ben retribuito. Turni massacranti, sempre operativi quando gli altri festeggiavano (Natale, Pasqua…), cucine molto calde, vivevano lontano da casa. Queste erano alcune ragioni per cui quel tipo di mestiere era difficile da fare, e da trovare. Oggi gli chef, grazie al miglioramento delle condizioni di lavoro, alla sempre maggiore importanza del cibo e alla TV sono diventati delle superstar. Le scuole alberghiere che fino a qualche anno fa erano il ricettacolo di chi non voleva andare né al liceo né in un istituto tecnico, stanno vivendo una stagione di grande successo: sold out. C’era una domanda, durante quel periodo, a cui non riuscivo a rispondere: perché gli chef erano considerati dagli addetti ai lavori “un po’ folli”? La risposta sta tutta nella loro creatività. Le ricerche scientifiche hanno ampiamente dimostrato che chi ha un tasso di creatività particolarmente elevato, tende a sviluppare disturbi psichiatrici quali disturbi bipolari, schizofrenia, dipendenze da droghe o alcool. In realtà non vi sono studi specifici sugli chef, ma posso assicurare che quasi quindici anni di selezione sul campo, mi hanno confermato che un nesso c’è. Spesso le biografie degli artisti, attraverso i testi o per mezzo dei film, ci hanno consegnato quella che è diventata una battuta ricorrente: “genio e sregolatezza”. La dopamina, uno dei principali neurotrasmettitori, potrebbe giocare un ruolo decisivo nella sregolatezza: se ce n’è poca si hanno problemi come ad esempio il Parkinson; se ce ne è molta si possono rischiare forti disfunzioni emotive. In realtà la domanda cruciale è quella rivolta a capire come nasce la creatività. Questo sembra essere un mistero a cui nessuno è riuscito a dare una risposta certa. Anche perché se qualcuno avesse la formula avrebbe già creato il sistema per riprodurla e farci un business altamente proficuo.
Il cervello è un campo di allenamento
“Expert Brain”, scritto da Antonio Cerasa, psicologo e ricercatore del CNR, è un libro che indaga quelle categorie di individui che hanno sviluppato una particolare abilità lavorativa. La prima analisi che Ceresa compie, anzi il motivo scatenante del libro – come da lui dichiarato -, è proprio quella rivolta agli chef. Il cervello è una scatola che contiene circa 82 miliardi di neuroni che tra loro interagiscono e hanno la capacità di modificarsi nel corso della vita di ognuno. Il cervello potrebbe essere considerato come un pezzo di creta che è in grado di prendere forma, perdendo oppure aumentando peso. In realtà l’aumento del volume del cervello non è determinato da una neuorogenesi, cioè la produzione di nuovi neuroni, ma dall’angiogenesi, cioè dall’aumento del numero dei vasi sanguigni che portano sangue ad una nuova porzione del cervello, e dalla sinaptogenesi, cioè l’aumento del numero delle sinapsi. Il tutto però necessità di essere “irrorato” da una specifica molecola: brain derived neurotrophic factor (BDNF). Complicato? Si, molto complicato. La cosa interessante è che questa particolare molecola funziona solo a certe condizioni: “la stimolazione ambientale”. Questa scoperta – come dice Cerasa – “dimostra che il cervello umano è (e rimarrà) un cervello sociale, altamente legato alla stimolazione ambientale”. Il libro, con grande capacità divulgativa e un alto tasso di ironia, ha il pregio di individuare alcuni punti fermi. Il cervello è un muscolo che se non viene allenato si impigrisce e diventa rachitico. La fase salutistica che stiamo vivendo è sicuramente utile per vivere più a lungo. Se si vuole vivere più a lungo e bene, però, occorre poter disporre di un cervello che sia in grado di farti apprezzare ciò che stai vivendo.
Un piacere unico
Si potrebbe dire che per uno come Bolt, dotato da madre natura di potenti mezzi muscolari, è facile arrivare a vincere i 100 m e i 200 m per tre olimpiadi di seguito. E per tutti noi poveri comuni mortali? L’allenamento, anche mentale, è faticoso e allo stesso tempo naturale. Chi non possiede particolari doti, che può fare? Chef, musicisti, sportivi o anche le più generiche categorie professionali, hanno in comune una cosa: provano un intimo piacere nel fare il loro mestiere che un’altra persona appartenente ad un’altra categoria non sente. La neuroimaging ha dimostrato, ad esempio con gli architetti, che la vera abilità di un qualsiasi professionista non sta nel giudizio rispetto ad un oggetto o ad un palazzo, ma nel piacere che provoca alla vista quell’oggetto o quel palazzo. E’ come se quella persona avesse attivato il punto G del proprio cervello. A dimostrazione come le aeree del sistema limbico sono fondamentali per lo sviluppo della massa neuronale. Personalmente non credo che questo punto G sia solo un elemento esclusivo di alcune categorie di persone. Il sesso, uno può farlo bene, male o non farlo, ma è una prerogativa della persona: Freud docet. Altrettanto il piacere neuronale è a disposizione di tutti. Si tratta, come per il punto G, di trovarlo. Tutti quando facciamo delle cose nel nostro lavoro o nel tempo libero, proviamo – in alcune circostanze – una sensazione di godimento che non abbiamo normalmente. E’ una situazione collegata ai talenti che ognuno possiede. Per un grande giocatore di basket i talenti sono facili da individuare, per ognuno di noi bisogna andare alla ricerca per reperirli e a quel punto svilupparli.
W l’elettricità
Il filone del miglioramento delle proprie prestazioni mentali è già avviato ad essere una delle principali tendenze del futuro. In commercio esistono sia farmaci per migliorare le prestazioni fisiche sia per aumentare le prestazioni del nostro cervello. Questo sarà un business che potrà solo crescere. Il filone viene chiamato neuroanhancment: potenziamento cognitivo. Uno dei principali strumenti sarà quello determinato dalle stimolazioni elettriche. Il nostro corpo è elettricità. L’elettricità è un rimedio utilizzato nei più importanti centri chirurgici mondiali. Oltre che per riparare la parte fisica, si stanno sviluppando strumenti per curare o sopportare meglio il dolore durante uno sforzo fisico. E’ di questi giorni la notizia che la squadra ciclistica a cui appartiene Vincenzo Nibali stia già utilizzando degli elettrostimolatori applicati alla cute della testa per far sentire meno lo sforzo durante la gara. La novità sta nell’utilizzo di queste apparecchiature per influenzare alcune parti del cervello inviando dei riverberi all’interno della scatola cranica. Anche per combattere alcune malattie neurologiche, es. la depressione, vi è già da qualche tempo un utilizzo di stimolatori elettrici impiantati all’interno dei nuclei cerebrali. Non è lontano il tempo in cui avremo App specifiche collegate a delle cuffiette che si trasformano in piccoli elettrodi da mettere sulle tempie durante una corsa o durante la nostra gita in bicicletta. Anziché avere un aiuto dalla bicicletta elettrica, il passo dello Stelvio lo affronteremo con il supporto di questa tecnologia, e nessuno se ne accorgerà. Tutte novità che la elettroceutica sarà in grado di sfornare a breve. Il fenomeno fisico scaturito dall’elettricità ci permetterà di usare queste correnti per capire come parlano tra loro i neuroni. Qui si apriranno scenari imprevedibili oggi da definire: modificare l’umore della persona non sarà impossibile; la telepatia una funzione praticabile. Per battere sulla velocità i robot occorrerà che l’uomo si attrezzi con il miglioramento delle sue capacità.
Sarò un imprenditore se sono figlio di un imprenditore?
Per il momento accontentiamoci di risorse naturali. La forza degli expert brain – come ci dice Cerasa – sta nella loro capacità di costruirsi dentro di sé dei modelli. In sostanza è come se dentro la testa avvenisse la scena che stanno compiendo. Uno chef, che sta tagliando velocemente finissime porzioni di una verdura non guardando le mani e contemporaneamente fornisce ordini alla sua brigata, ha sviluppato una capacità che gli permette di vedere, in anteprima, quello che sta facendo. La visione avviene in una sala privata: il suo cervello. E’ come se le mani dello chef andassero con il pilota automatico. E tutto questo quanto dipende dal DNA, cioè dai suoi geni? Tema cruciale, ad esempio, per gli imprenditori e le generazioni successive. La risposta alla domanda è sì, e anche no. Nascendo ereditiamo le caratteristiche dei nostri genitori, ma non ereditiamo i tratti acquisiti nell’iterazione con l’ambiente. In questo passaggio interviene l’epigenatica: due gemelli possono essere identici geneticamente ma non epigeneticamente. Questo perché fin dai primi mesi di vita l’ambiente di vita influenzerà sull’espressione di alcuni geni e causerà una serie di reazioni a catena che porteranno alla creazione di un comportamento diverso tra i due gemelli. Quindi le abilità dei genitori nel costruire un’azienda “non dipendono da un talento innato o trasmissibile ma da una serie infinita di stimolazioni ambientali che inevitabilmente differenziano il modo in cui sono cresciuti i padri rispetto i figli”. La scienza non conosce ancora cosa determina la nascita di un super atleta o di una star della musica. Quattro sono le componenti: natura, genetica, epigenetica, allenamento. Quali sia la decisiva sembra un mistero o meglio una matrioska dove una contiene dentro di sé l’altra. Sicuramente un buon allenamento ci permetterà di partecipare alla maratona del nostro cervello.
Titolo: Expert Brain – Come la passione del lavoro modella il nostro cervello
Autore: Antonia Cerasa
Editore: Franco Angeli
194 pp; 22 Euro