Il corteggiamento tra le due società ha radici lontane. Per anni si sono annusate, avvicinate e riallontanate. Il fidanzamento attuale è datato gennaio 2017. È allora che Variati e Tosi, affiancati dai vertici di Aim (il compianto Paolo Colla) e Agsm (l’allora presidente Fabio Venturi), annunciano un iter a tappe forzate per arrivare alla fusione entro giugno di quell’anno, prima della scadenza del mandato di Tosi. La trattativa è intensa, ma c’è qualche intoppo in mezzo – per ragioni che una piazza imputa all’altra – e la scadenza sfuma.
A quel punto, con un’amministrazione all’esordio a Verona – che cambia la governance di Agsm e vuole riesaminare il dossier – e con una in scadenza a Vicenza, le parti si invertono. È Variati a fissare al 31 gennaio 2018 il termine “politico” per realizzare la fusione. Ma gennaio se ne va senza un accordo.Nei giorni scorsi il presidente di Agsm, Michele Croce, ha dichiarato: «Il protocollo per la fusione? Lo stiamo ridiscutendo con il management di Vicenza. Per noi rimane una priorità, Vicenza può essere una pedina fondamentale, speriamo che anche per Vicenza Agsm resti una priorità anche se il discorso andrà dopo le elezioni» vicentine.E qui arriva un “ma”: lo stesso Croce è artefice di un accordo tra Agsm e il gruppo bresciano Garda Uno, una mossa che rilancia la Spa veronese come «polo aggregatore» con un occhio alla Lombardia. Tanto che ieri Flavio Tosi, a Vicenza da candidato di Noi con l’Italia, ha messo in guardia: «Il timore è che Agsm guardi anziché a Vicenza, a Brescia: sarebbe una scelta scellerata. Spero non si trovi un alibi per litigare con Vicenza e far saltare tutto. Bisogna seguire questa strada». Finora c’è sempre un’urna di traverso sulla strada della fusione. Ma davvero il problema è solo quello?