Si apre ufficialmente la corsa ai finanziamenti per i grandi centri italiani di Industria 4.0. Dopo un lungo ritardo, il ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato il bando di gara per la costituzione dei Competence center, i poli pubblico-privato che dovranno fornire alle imprese formazione, consulenza e servizi di trasferimento tecnologico. Un punto di partenza, per ora, vista la sproporzione delle risorse pubbliche rispetto ai modelli di riferimento: 40 milioni complessivi, a fronte ad esempio dei 2 milioni all’anno per 15 anni assicurati dalla Germania a ciascuno dei suoi 9 “Research campus”. Le domande potranno essere presentate in via telematica dai soggetti capofila all’indirizzo [email protected] dal 1° febbraio al 30 aprile 2018 (i dettagli sul sito del ministero dello Sviluppo).
I compiti
I centri di competenza ad alta specializzazione, così definiti dalla legge di bilancio 2017, saranno poli di innovazione costituiti da almeno un organismo di ricerca/università e da una o più imprese. Hanno il compito di favorire il trasferimento tecnologico di processo e prodotto o nei modelli di business derivanti dalle tecnologie digitali «4.0». Il programma di attività deve comprendere servizi di orientamento e formazione alle imprese clienti nonché l’attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale. «Anche se in ritardo di quasi un anno – dice Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo – la pubblicazione del bando avvia uno strumento strategico nel supporto alle imprese per affrontare le sfide della quarta rivoluzione industriale. I processi di trasformazione in atto richiedono un forte investimento anche e soprattutto in competenze e formazione professionale dove scontiamo ancora oggi un divario troppo forte rispetto ai principali paesi europei».
Il bando di gara mette a disposizione 40 milioni, da non confondere con gli ulteriori 48 milioni disponibili in forma di voucher per le singole aziende e gestiti dalle Camere di commercio (si veda Il Sole 24 Ore del 26 gennaio). I benefici sono concessi per un periodo di 3 anni prorogabili di ulteriori 12 mesi con due finalità. La prima (massimo 65% delle risorse disponibili) è la costituzione e avviamento del centro di competenza, nella misura del 50% delle spese sostenute per un massimo di 7,5 milioni per singolo «center». La seconda finalità è il finanziamento dei progetti di innovazione presentati dalle imprese, sempre in misura del 50% e fino a 200mila euro.
In pratica i Competence center supporteranno le Pmi nei loro progetti di innovazione 4.0: le imprese pagheranno il 50% del servizio, il resto sarà coperto dai fondi pubblici assegnati al centro. Un esempio: un grande ateneo e un centro pubblico di ricerca si alleano con una grande impresa (ipotizziamo la Fca o Leonardo di turno) o anche con imprese medie dell’hi-tech e il polo così costituito fornisce servizi alle Pmi esterne che vogliono fare innovazione.
Le spese ammissibili
Tra le spese ammissibili per la costituzione e l’avviamento del centro rientra l’acquisizione di attrezzature, impianti e macchinari (non sono inclusi immobili e fabbricati), licenze e diritti relativi ai brevetti, il personale dipendente, i collaboratori e ricercatori, l’attività di marketing. Le spese per le attività di orientamento alle imprese non possono comunque superare il 15% di quelle totali.
I requisiti
I progetti di innovazione devono presentare un livello di maturità tecnologica elevato, posizionato tra 5 e 8 nella scala europea “Technology readiness level”. I partner privati del centro possono essere anche banche o assicurazioni e associazioni di categoria. Nel complesso, gli elementi di valutazione sono 25 divisi in tre gruppi: a ognuno indicatore è assegnato un punteggio da 0 a 10 e la media aritmetica del sottoinsieme deve essere almeno pari a 6. Il primo gruppo di indicatori riguarda gli organismi di ricerca (numero di progetti di trasferimento tecnologico, di ricercatori, aggiudicazione di bandi eccetera); il secondo si concentra sui dati delle imprese partner (dal fatturato ai brevetti); il terzo valuta nel complesso la solidità economico-finanziaria e la qualità del programma di attività (le risorse aggiuntive a quelle pubbliche,la capacità di stare sul mercato, le proiezioni di risultato netto…). Sono criteri preferenziali il possesso del rating di legalità delle imprese partner e la presenza nel partenariato delle Regioni.