Niente spa per Cattolica, che corregge invece il modello cooperativo con un cda più leggero e posti ai soci di capitale. E il raddoppio dei premi vita, con 3 miliardi in più nel 2020 grazie all’accordo con Banco Bpm, che traina la crescita di ricavi e guadagni di una società che vuol essere più moderna ed efficiente, promettendo un dividendo fra tre anni più ricco del 50%, sopra i 50 centesimi, grazie a un utile operativo che sale del 60%, a 375-400 milioni. Sono gli elementi fondamentali del piano industriale triennale che la cooperativa assicurativa ha presentato ieri a Milano, dopo l’ok in cda, domenica.
Presentazione utile per capire le direzioni fondamentali della nuova Cattolica dell’amministratore delegato, Alberto Minali. Tra passi in avanti sull’assetto societario e cambiamenti operativi profondi. «Non dobbiamo rinunciare a 120 anni di storia – ha esordito il manager -. Ma è una storia in evoluzione. Vogliamo trasformarci, ma non diventeremo mai una low cost. Non metteremo a rischio l’azienda con investimenti non necessari o perdendo di vista il capitale – ha poi aggiunto, archiviando la crescita per acquisizioni – Tutto si tiene. Siamo troppo complessi e farraginosi. Abbiamo presentato un piano di crescita e trasformazione industriale. Se Cattolica cambia mentalità, daremo soddisfazione ai soci».
La volontà di far vedere la rottura è chiara. Assente il presidente Paolo Bedoni, Minali si presenta di fronte agli analisti con la nuova prima linea dei manager. Prima del road show è arrivata la notizia dell’uscita del direttore generale Marco Cardinaletti (costerà 3,2 milioni di euro), da ieri Ad della controllata Tua. «Ha forti competenze tecniche, gli ho chiesto di rimanere un altro anno – dice Minali -. Per ora non c’è sostituzione, ma stiamo vedendo persone. Cattolica è tornata attrattiva».
Il primo focus è l’assetto societario. Il cda ha approvato le linee-guida della revisione dello statuto: arriverà iil 28 aprile in assemblea soci, «che – ricorda l’Ad – è sovrana»: cda più snello rispetto all’attuale a 18, senza comitato esecutivo, che incorpora le funzioni del collegio sindacale, oggi a a 5. L’assetto una testa-un voto resta; ma persone giuridiche e fondi potranno esprimere fino al 5% dei voti e il cda avrà posti per gli investitori istituzionali. Quanti membri in cda, quanti ai soci di capitale (rispetto ai 2 riservati in passato a Bpvi) e le soglie per le liste sono da scrivere. Le novità si vedranno dal 2019, quando, a scadenza naturale, il cda sarà eletto con le nuove regole.
Il cantiere governance è già chiuso. Almeno per i tre anni del piano industriale. «La spa non è sui tavoli mio, o del cda o degli azionisti. Ci siamo chiesti quale fosse la governance più adatta per sostenere il piano industriale; pensiamo lo sia la coop temperata dai soci di capitale, che avranno na presenza adeguata ma di minoranza. Non vogliamo stravolgere la cooperativa. E comunque non sono passi di poco conto. Il nostro cda ha sempre sostenuto gli sviluppi del piano industriale, come l’operazione Banco Bpm. E poi go qualche esperienza di spa…», ha aggiunto Minali non senza autoironia, in rapporto ai rivolgimenti in Generali, per confutare che la spa sia di suo più efficace.
Proprio l’accordo con Banco Bpm è l’asse del nuovo piano. Rapporto strategico, ma tutto di mercato. Niente tentazioni di «noccioli duri»: «Non pensiamo di acquisire quote – ha detto Minali – , l’idea non ci ha sfiorati né son giunte sollecitazioni dalla banca. Chi vuole il latte non è detto si debba comprare la mucca. Regola agreste, ma sana». In compenso la collaborazione per 15 anni è già partita: «Siamo alle autorizzazioni, gli accordi li firmeremo ad aprile-maggio. Ma i 40 cantieri di lavoro vanno già avanti».
E poi c’è il capitolo Buffett, con il suo ingresso al 9. «Il nostro primo socio? Non abbiamo condiviso piano industriale e cambio di governance: avremmo creato disparità di trattamento verso i soci – ha detto Minali -. Abbiamo rapporti di natura assicurativa». Che potrebbero rivelarsi interessanti, con un riassicuratore come Berkshire, nel momento in cui uno dei fronti operativi più innovativi per Cattolica diventa la newco riassicurativa per entrare nei business specialistici.