Squadra che vince non si cambia e lo stesso vale per il sistema di gioco. Una delle regole base del calcio non trova casa ai piani di Intesa Sanpaolo. Perché, nonostante il gruppo sia tra i più solidi in Europa e non abbia dovuto mettere in campo interventi straordinari negli ultimi anni, la preoccupazione principale è porre le basi per consentire di proseguire sul sentiero della crescita, a fronte di uno scenario che per il settore è quanto mai complicato. Il rinnovamento è partito nelle scorse settimane con i prepensionamenti – tra gli altri – del responsabile operazioni Eliano Lodesani, nonché dei numero uno del business prestiti Eugenio Rossetti e delle relazioni esterne Vittorio Meloni. Alcune aree sono state ridisegnate e le nuove responsabilità sono state assegnate prevalentemente a figure esterne, con l’eccezione di Massimo Proverbio, che arriva da Accenture per sovrintendere la funzione It e innovazione. Il 5 febbraio il group ceo Carlo Messina presenterà i risultati del bilancio 2017 e all’indomani alzerà il velo sul nuovo piano industriale.
Uno dei punti qualificanti dovrebbe essere un focus maggiore sulla gestione del risparmio, con una cura particolare per i detentori di grandi patrimoni. Infatti, a fronte della difficoltà di generare margini d’interesse a fronte dei tassi a zero, Intesa Sanpaolo assumerà sempre più la veste di wealth manager. Il che potrebbe comportare anche la fusione tra Eurizon (secondo operatore italiano del risparmio gestito dopo Generali Investments) e la rete di consulenti Fideuram. La solidità patrimoniale (Cet1 Ratio al 13,4% alla fine del terzo trimestre 2017) ha consentito fin qui a Ca’ de Sass di muoversi sul terreno dei crediti in sofferenza in controtendenza rispetto a quasi tutti gli altri gruppi italiani. Non essendovi l’urgenza di vendere per ripulire il bilancio, la banca ha affrontato le singole questioni attraverso strutture interne, che hanno tempi lunghi di recupero, ma consentono di limitare la perdita di valore. Il nuovo piano potrebbe presentare una parziale novità: con l’obiettivo di ridurre i crediti deteriorati di circa 11 miliardi di euro in un triennio (rispetto agli attuali 53,6), potrebbe essere messa in campo una partnership con Intrum Iustitia per una gestione congiunta degli npl. Dunque, nessuna cessione in blocco dei crediti deteriorati (preservare il valore è fondamentale per tenere fede agli impegni fin qui presi in tema di dividendi), ma collaborazione a valle con un operatore specializzato.
A livello territoriale è attesa l’incorporazione delle ultime otto banche del gruppo in Italia (fino a tre anni fa erano 18), tra cui Cassa di risparmio Fvg. Dunque spariranno i cda e vi sarà la migrazione delle piattaforme tecnologiche, con un risparmio in termini di costi, ma nulla cambierà per la clientela.Nel piano non sono invece attese indicazioni su eventuali operazioni straordinarie. Lo stesso Messina nei giorni scorsi si è affrettato a smentire l’ipotesi lanciata da Mediobanca Securities di una possibile fusione tra Intesa Sanpaolo e Credit Agricole, un matrimonio tra pari che darebbe il via a un colosso mondiale del settore. Il piano si intreccerà con la scadenza dell’attuale consiglio di amministrazione, prevista per la primavera del 2019. La posizione di Messina è solidissima ed è remota l’ipotesi di ribaltoni tra un anno. Di certo c’è che sempre più il management dovrà dar conto ai grandi fondi azionisti, che hanno raccolto il testimone dalle fondazioni. Queste ultime non spariranno dall’azionariato, ma – alla luce dell’autoriforma del settore – dovranno ridurre sempre più i legami con le banche conferitarie.