Ogni notizia su Generali diventa subito importante come riguardasse una famiglia reale. E non solo perché la compagnia è da sempre considerata “regina” in Piazza Affari, per capitalizzazione e storia, ma anche perché in qualche modo ogni movimento nel suo azionariato alimenta subito scenari di riassetti, prede e predatori. E non ha fatto eccezione la notizia dei giorni scorsi, relativa all’intenzione dei Benetton(non commentata dai protagonisti) di salire dallo 0,9 al 2% a Trieste. Quota che collocherebbe la holding Edizione fra i soci maggiori della più grande assicurazione italiana, con Mediobanca (13%), Caltagirone (3,6%), Leonardo Del Vecchio (3,16%) e De Agostini (1,6%).
Se poi a ciò si aggiungono il rumor che i Benetton, soci storici a Trieste, potrebbero nel medio-lungo termine non fermarsi al 2%, che Francesco Gaetano Caltagirone (nonostante l’ultima mossa sia stata una limatura della quota) viene considerato socio potenziale fino al 5%, che proprio l’anno scorso in gennaio prendeva corpo il caso delle «possibili combinazioni» fra Intesa Sanpaolo e Generali conclusosi con un nulla di fatto, e infine che Mediobanca in prospettiva ridurrà la partecipazione, ci sono tutti gli elementi e le suggestioni per tornare a parlare di un «dossier Leone», peraltro sempre sul tavolo di analisti e banche d’affari, che non lesinano nuovi target di prezzo per il titolo e piani B, C o D sul tema dell’azionariato.
Benetton e il piano. Per i Benetton non si tratta comunque di trading. Se in effetti hanno già cominciato gli acquisti sul mercato l’obiettivo è conservare le azioni, non venderle appena la quotazione raggiunga una plusvalenza soddisfacente. Anche se l’elemento delle attese sul prezzo può essere stata una ragione per muoversi adesso. Sotto il profilo industriale la compagnia guidata da Philippe Donnet ha una carta in mano che giocherà il prossimo novembre: il nuovo piano strategico che il group ceo ha definito a Davos «diverso dal precedente: non un altro business plan di turnaround, bensì di espansione e crescita. Generali entrerà così in una fase nuova». Nel frattempo, in questi mesi, il gruppo di Trieste completerà il piano precedente con il riposizionamento geografico che complessivamente dovrebbe concludersi con un incasso superiore a un miliardo. Insomma: niente trading, ma i Benetton possono aver deciso di investire adesso anche con l’aspettativa che un piano «aggressivo» porti benefici anche in anticipo alle quotazioni del Leone, che ora sembra aver riconquistato in modo stabile quota 16 euro, soglia che non vedeva da 2 anni ma ancora lontana dal massimo dell’ultimo quinquennio di quasi 19 euro toccato nel marzo 2015. Va aggiunto poi che dall’Investor day del novembre 2016, quando Donnet ha annunciato l’accelerazione sul piano con il riposizionamento geografico, l’azione Generali ha guadagnato il 43%.
Prezzi a parte, le interpretazioni sulla mossa dei Benetton guardano con maggiore attenzione alle ipotesi di cambiamenti nell’assetto azionario, e in particolare alla possibilità di conservare un «nocciolo duro» italiano vicino al 25% anche in relazione alla riduzione della quota di Mediobanca. Piazzetta Cuccia ha confermato nel piano triennale 2016-2019 la volontà di vendere il 3% della partecipazione nel Leone compatibilmente con valori di mercato considerati soddisfacenti. E in più di un’occasione non è stata esclusa la possibilità di cedere una quota anche superiore, utilizzando i proventi per finanziare la crescita del gruppo bancario anche con acquisizioni. A questo proposito, in coerenza con la volontà dichiarata di voler procedere senza penalizzare il valore di Borsa del Leone né destabilizzare l’azionariato della compagnia, sono circolate voci su soluzioni tecniche diverse, come la creazione di una newco alla quale conferire le azioni di Trieste aperta ad altri investitori. Ipotesi non commentate e che al momento non sembrano apparire attuali.
Tutte operazioni che comunque, a parte il 3% nel piano al 2019, non hanno un orizzonte temporale definito. Perciò appare ragionevole che per i Benetton, azionisti da sempre in buoni rapporti con Generali e Mediobanca, il raddoppio della quota sia da leggere come un «posizionamento lungimirante». E non stupirebbe gli osservatori più attenti che il loro esempio possa essere seguito dall’arrivo di nuovi soci o dal rafforzamento di chi è già presente. Lo scenario è senza dubbio in movimento dal punto di vista industriale e finanziario. La “regina” conferma una lunga storia sotto i riflettori.