E’ nato prima l’uovo o la gallina? Si crea prima il lavoro o lo si distrugge? Se il primo paradosso per la scienza la risposta è semplice – è nato prima l’uovo -, il secondo sembra avere una risposta mutevole nel corso dei secoli. Il lavoro, dalla prima rivoluzione industriale in poi, ha trovato sempre risposte differenti.
Le modifiche produttive-organizzative per millenni non hanno prodotto particolari cambiamenti. Fino a quando il motore a vapore non ha fatto la sua comparsa con James Watt nel 1765, il figlio-artigiano faceva la stessa mansione del padre-artigiano. Dopo quel passaggio, si cominciano a conoscere nuovi lavori che distruggono i precedenti. Lo stesso operaio distrugge il lavoro dell’artigiano. La distruzione creatrice di schumpeteriana memoria, ha sempre fatto il suo dovere: distruggi e crea. E’ con la globalizzazione che accade qualcosa di diverso.
Il perimetro di gioco si sposta e la questione salari diventa preponderante rispetto alla distruzione creatrice del lavoro. Lo spostamento tout court del lavoro da una zona all’altra ha determinato ben poca innovazione nei territori che sono stati oggetto di questa mutazione. In questo caso la distruzione creatrice ha riguardato l’impresa, che si è trasformata per sopravvivere, ma non ha toccato le singole mansioni. Molti dei lavoratori licenziati hanno trovato nuova occupazione nell’area dei servizi. Si è trattato di ruoli che non necessitavano di particolari competenze (addetti alle pulizie, addetti alla cassa nei supermercati, addetti alla vigilanza privata etc) e che, in molti casi, erano frutto di outsourcing aziendali. Siamo poi arrivati al 2008 dove anche l’area dei servizi ha cominciato ad avere una saturazione occupazionale che ha coinciso con un’ulteriore crisi del sistema industriale. Le due spinte hanno portato il tasso di disoccupazione in Italia a toccare il suo picco nel 2014, con un 13,4%, quando nel 2007 lo stesso tasso si era attestato al 6,5%: in sette anni è più che raddoppiato con una crescita così repentina mai riscontrata prima nel nostro Paese negli ultimi 70 anni. Una corsa velocissima che si è bloccata, dopo gli incentivi fiscali del 2015 e la ripresa del Pil, e ha visto chiudersi il 2017 con una disoccupazione muoversi attorno all’11% con una crescita importante dei contratti a tempo determinato (per chi volesse approfondire Datalavoro ha pubblicato recentemente una ricerca, a cura di Francesca Barbieri e Alberto Magnani, sul lavoro che cambia. Una sintesi è reperibile sul sito del sole 24 ore online).
A zonzo con la gig economy
Nel frattempo, sempre il mondo dei servizi, sta offrendo quella che molti definiscono la gig economy. Un’economia “dei lavoretti” fatta da free lance (es. il rider per le consegne a domicilio o, in altri paesi, il driver privato) frutto di una nuova ondata tecnologica che sembra essere in grado di spiazzare proprio il sistema del commercio. “Lavoretti” che non vanno sempre demonizzati: in qualche caso possono essere utili ad alcune categorie di persone (es. gli studenti). In altri casi, invece, possono portare altre categorie ad un livello di precarietà che li porta all’alienazione.
Eravamo partiti chiedendoci se prima nasce il nuovo lavoro o la sua distruzione. A guardare questa nuova fase, la risposta sembra chiara: la distruzione nasce prima ma crea pochi posti nuovi perché molti hanno il sapore e le fattezze dell’antico. Comunque sia, non può essere certo giudicato nuovo il ritorna in auge del vecchio fattorino. Accanto all’e-commerce e alla sharing economy, che sta trasformando in tempi molto rapidi le modalità di acquisto e di vendita dei prodotti, si sta prospettando la nuova rivoluzione all’interno delle fabbriche, denominata Industry 4.0. Per il momento questa rivoluzione è ancora molto annunciata e poco praticata, ma gli effetti potrebbero verificarsi – anche in questo caso – in tempi molto rapidi. Roy Amara, già presidente dell’Institute for the Future, ha focalizzato una grande verità:
“Tendiamo a sovrastimare gli effetti a breve termine di una tecnologia e a sottostimare i suoi effetti nel lungo termine”.
Dal punto di vista legislativo, il Jobs act è stata una riforma che ha prodotto più fumo che arrosto ma è stato il detonatore di una nuova strategia che finalmente si è innescata: passare dall’assistenzialismo dei soldi (ammortizzatori sociali) ai processi di re-skill (le politiche attive).Nel frattempo, garanzia giovani e alternanza scuola-lavoro, con più aspetti positivi che negativi, sono un grande banco di prova per iniziare un percorso di orientamento nei confronti delle nuove generazioni. Sufficiente? No. Il leitmotiv del lavoro in questi ultimi 10 anni pare proprio questo: la velocità nei cambiamenti fa fatica a lasciare spazi a politiche di lungo.
Che fare dunque?
Per chi è inoccupato o disoccupato ci sono molte fonti di informazione. Il web è pieno di consigli più o meno seri su come trovare un lavoro, ma il “vecchio libro” può ancora essere utile per avere sottomano tutto quello che serve per ricercare un’occupazione dopo che la si è persa o trovarla dopo che si è chiuso il percorso scolastico. “Tutto lavoro” è il titolo dell’ultimo libro scritto da Walter Passerini. E’ una guida che ti mette in connessione con quello che è successo e quello che potrebbe avvenire nel mondo del lavoro.
Passerini non è uno qualunque: è un giornalista sui generis perché ha sempre perseguito nel tempo la sua vocazione verso l’interpretazione concreta del corpus giuslavoristico, e dei fatti che ne sono conseguiti. Anche in questo caso la domanda paradossale potrebbe essere oggetto di discussione: il lavoro si crea per legge o il lavoro crea le leggi? Questione di strumenti e di tempi: nel breve vince l’incentivo, nel lungo la normativa. “Tutto lavoro” ha una altra grande dote: accompagnare il lettore in modo chiaro e semplice dentro a dinamiche complesse e imprevedibili. Chi cerca un lavoro vuole avere risposte, non ha bisogno di parafrasi: “Tutto lavoro” mette insieme il presente offrendo possibili strade e spunti di riflessione per il futuro.
Da non perdere sono i passaggi dedicati ai 9 trend e ai 12 consigli per i giovani. Affrontare la lettura di un libro di 239 pagine può apparire ostico, ma come si conviene alle migliori guide, questo è un libro che si può leggere a capitoli partendo dall’ultimo per ritornare al primo. Oppure ci si può soffermare in un paragrafo e poi passare con disinvoltura in un altro senza perdere il filo del discorso. Magari questa “guida di servizio” dovrebbe essere resa ancor più addomesticabile da soggetti come l’Anpal (l’agenzia nazionale per le politiche attive) che ne potrebbero fare dei singoli fascicoli dedicati ai vari argomenti che la compongono da distribuire nei centri per l’impiego. Oggi fare orientamento, offrire strumenti di comprensione per chi cerca lavoro, è un dovere istituzionale molto più essenziale che importante.
Il lavoro: un animale a molte teste
Chiarito che si tratta di una guida per chi un’occupazione non ce l’ha, il libro svolge un suo ruolo anche per gli esperti che si occupano di lavoro, selezionandolo o proponendolo. La ricostruzione fatta da Passerini diventa un osservatorio per fare chiarezza su tutti gli attrezzi che oggi sono disponibili e per porre ai protagonisti delle domande scomode, o meglio, come lui le chiama, “inquietanti”: “Ma serve studiare?” “Scoppierà la bomba previdenziale?”; “Agenzie o raccomandazioni?”.
Quando si parla di lavoro, le posizioni politiche emergono sempre, in “Tutto lavoro” c’è una equidistanza tra ciò che abbiamo perduto e ciò che stiamo trovando in modo didascalico e per questo neutro. Oggi siamo di fronte ad una situazione dove in alcune zone del Nordest non si trovano ingegneri e non si riescono a reperire operai specializzati (con qualche colpa di chi non sa trovarli). Ma domani chi lo sa cosa accadrà? L’universo lavoro è diventato proteiforme per sostanza e qualità.
C’è chi ne ha troppo – pensiamo al tema degli work alcoholic – e chi non ne ha; chi è insoddisfatto di quello che compie; chi è in burnout per quello che fa; chi è pagato troppo per i risultati che offre; chi pagato una miseria. Non cadere in beghe idiologiche e testare diversi strumenti in una logica try&go sono due passi essenziali per affrontare questo enorme cantiere. Occorre creare una cultura e delle competenze – serie – in chi aiuta le persone a trovare o a inventarsi un nuovo lavoro. Professionalità non inventate a caso, ma professionisti (tanti) di assoluta eccellenza. Servono politiche differenziate da territori a territori, da settori a settori, da mansioni a mansioni. Trovare il bandolo della matassa per costruire una società in cui tutti abbiano le possibilità di esprimere la propria soggettività nel lavoro, facendo coincidere “persona con professione”, è la forma più alta di partecipazione alla vita di una società. Non partecipare, significa creare varchi sempre maggiore nel canyon delle diseguaglianze.
Titolo: Tutto lavoro
Autore: Walter Passerini
Editore: Giunti
239 pp; 14 Euro