Disruptive è un aggettivo diventato di moda quando si parla di strategia e di crescita delle imprese. La ragione di tale recente popolarità nasce dall’analisi delle esperienze di successo dei grandi colossi della tecnologia (Amazon, Airbnb,Facebook, Google, ecc.) che con strategie molto aggressive, dirompenti appunto, hanno saputo scardinare interi settori industriali e commerciali. Molte imprese, soprattutto le start-up, si ispirano apertamente a questi modelli e provano a replicarli per crescere rapidamente e scalzare le imprese dominanti. Sebbene questa strada sia oggi considerata come una delle più accreditate per poter aver successo nei mercati a livello internazionale, non è l’unica possibile.
Anzi. Dopo aver visto da vicino le imprese top performer del nostro territorio credo sia possibile tracciare una rotta alternativa, magari meno patinata ma forse più in linea con le caratteristiche del nostro sistema industriale. Queste imprese, che VeneziePost chiama Champions e a cui ha dedicato due interessanti seminari di approfondimento, hanno dei risultati in termini reddituali e di indebitamento che sono di molto superiori alla media del loro settore. Tradotto in numeri, stiamo parlando di un EBTIDA (che è un indice di redditività dell’impresa) che supera nella media del campione il 20% e ha un merito di credito molto elevato superiore al B.
La cosa che più mi ha colpito di queste imprese è loro apparente normalità: non hanno fatto ricorso a modelli di business disruptive o comunque drammaticamente innovativi. Al contrario, le imprese hanno raggiunto performance così rilevanti attraverso un meticoloso e costante processo di miglioramento che ha toccato tutte le aree aziendali. Non ci sono ricette miracolose o scorciatoie, solo molti piccoli passi nella stessa direzione che hanno portato le imprese a diventare leader nei propri mercati e a superare agevolmente la grande crisi economica iniziata nel 2008. Il punto di partenza per tutte rimane la specificità del know-howmanifatturiero, un saper fare che è stato valorizzato attraverso investimenti mirati a risolvere molti dei punti critici che storicamente le nostre imprese hanno evidenziato.
Uno dei primi aspetti ai quali si è messo mano riguarda l’assetto familiare dell’impresa e il rapporto con il management. Le imprese hanno saputo definire con maggiore chiarezza il ruolo della famiglia in azienda, spesso attraverso la scrittura di espliciti patti di famiglia. Questo ha avuto il vantaggio di cambiare il rapporto tra imprese e famiglia, dove la seconda è una risorsa per la prima e non viceversa, e ha permesso l’ingresso di manager che hanno migliorato la qualità dei processi aziendali e arricchito la cultura dell’impresa. Si tratta di un cambio di mentalità: oggi gli imprenditori non si sentono più moralmente obbligati a far entrare i propri figli e hanno pensato per loro un ruolo simile a quello degli azionisti. Come ha detto un noto imprenditore durante uno dei seminari organizzati da VeneziePost: “Non posso licenziare mio figlio se non è bravo… quindi è meglio che non stia azienda o che se davvero vuole essere coinvolto dimostri prima le proprie capacità”.
Un’altra area di intervento riguarda l’internazionalizzazione e la riorganizzazione delle filiere commerciali/distributive. Le imprese hanno saputo sfruttare le nuove opportunità offerte dalla globalizzazione e hanno iniziato a conquistare nuovi mercati. Questa propensione al rischio ha portato con sé due vantaggi: il primo e più immediato è stato quello di mettersi al riparo dalla depressione dei consumi nel mercato italiano dovuta alla crisi. Il fatto di essere presente su più aree geografiche ha permesso di bilanciare il peso negativo del mercato interno. Il secondo vantaggio riguarda il processo commerciale e distributivo. La necessità di dialogare con un consumatore culturalmente e geograficamente distante ha stimolato le nostre imprese a migliorare il proprio processo di vendita e ad accorciare la filiera distributiva per aumentare la qualità del servizio offerto e avere maggiore marginalità. Unox, azienda che produce forni industriali, ha deciso di costruire una rete capillare in grado di raggiungere direttamente i propri clienti senza passare attraverso la mediazione di un importatore.
Infine, le aziende hanno puntato consapevolmente sulla ricerca di una indipendenza finanziaria dal tradizionale sistema bancario. Complice i bassi tassi di interesse, le imprese hanno deciso di autofinanziare le proprie attività reinvestendo gli utili in azienda oppure mantenendo una forte liquidità in attesa di future operazione di investimento e/o di acquisizione. Le banche sono un partner tecnico di supporto operativo ma non sono più un partner strategico. Da questo punto di vista, le nostre imprese sembrano essere oggi pronte per servizi finanziari più evoluti basati sul private equity o la partecipazione di fondi internazionali.
La lista potrebbe continuare ma l’aspetto che fa più riflettere è che prese singolarmente ognuna di queste attività non è di per sé particolarmente innovativa. Molte delle soluzioni applicate dalle imprese sono note da anni a chi si occupa per studio e per pratica di impresa. Ciò che ha fatto la differenza è averle realizzate in modo sistematico intervenendo in tutti gli ambiti principali dell’impresa. La somma di questi miglioramenti ha generato nel tempo la divaricazione in termini di performance che conosciamo. Vale la pena sottolineare che il tempo non è stata una variabile irrilevante. Tutte queste imprese hanno iniziato negli anni 2000 a cambiare in modo graduale il proprio modello. La grande crisi economica li ha colti preparati (e molto) e, se possibile, ha accelerato la loro crescita.
Ai tempi veloci del digitale sembra un paradosso pensare di poter essere profittevoli procedendo per piccoli miglioramenti continui. Siamo tutti in perenne attesa di un Godot capace di cambiare in poco tempo le sorti di un’impresa e di un’economia. L’esperienza di queste imprese ci dice invece che non solo è possibile ma è anche premiante dal punto di vista delle performance a patto di saper percorre questa strada con disciplina e costanza. L’importante è non fermarsi. Mai.