Da anni il rapporto tra italiani ed Europa è diventato difficile. La pandemia rischia di renderlo ancora più problematico. Non è un caso che il 70% del parlamentari appartengano a partiti euroscettici o apertamente antieuropei. Tra i più grandi solo il Pd è chiaramente europeista. Forza Italia ci prova a corrente alternata, ma fa parte di uno schieramento su posizioni diametralmente opposte. La critica alla Ue è una strategia elettoralmente redditizia.
Europa e immigrazione sono i due temi che la destra italiana ha sfruttato di più per raccogliere consensi. I dati del sondaggio Winpoll-Sole24Ore che pubblichiamo qui confermano che il terreno è fertile, oggi ancora più di prima. Prima c’era l’austerità imposta dal patto di stabilità a fomentare il risentimento, adesso c’è la mancata solidarietà a mettere in dubbio la nostra appartenenza a una comunità che non viene percepita come tale. Questa è la narrativa che prevale sui media. E certo non aiuta il fatto che lo stesso presidente del consiglio si sia lasciato andare a dichiarazioni del tipo ‘facciamo da soli’. E così succede che solo il 21% degli intervistati ritiene che la Ue stia aiutando l’Italia.
Il sondaggio è stato fatto di proposito prima del 23 Aprile, cioè prima dell’incontro del consiglio europeo che doveva decidere su ulteriori misure, quali il Recovery Fund. Il prossimo sondaggio servirà a verificare se quelle decisioni e in particolare la narrativa con la quale sono state comunicate faranno una differenza. Per ora registriamo che solo all’interno del Pd esiste una maggioranza di intervistati con una opinione favorevole verso l’Unione, mentre nel caso del M5s solo il 12% lo sono. Non sorprende quindi che anche su un eventuale ricorso al MES le posizioni siano più o meno simili. Il 62% degli intervistati non ne vuole sentir parlare, compreso il 79% degli elettori pentastellati. Qui la differenza la fanno gli elettori di Forza Italia le cui preferenze sono più vicine a quelle del Pd che a quelle dei loro storici alleati nel centro-destra. Il quadro è chiaro. L’austerità del passato e la mancata solidarietà del presente hanno scavato un fossato tra gli italiani e l’Europa. Tant’è che alla domanda se sia una cosa positiva o no far parte della Unione il 35% ha risposto sì, il 42% no e il 23% sta in mezzo.
Questi dati non mettono in discussione l’appartenenza alla Unione o all’ Euro ma rivelano un malessere profondo che se sfruttato politicamente nei prossimi mesi potrebbe diventare il detonatore di una grave crisi che il nostro paese non si può permettere. Già prima dello scoppio della pandemia il sostegno degli italiani all’Euro era il più basso tra tutti i paesi della Unione Monetaria (Eurobarometro Novembre 2019) . È un malessere frutto non solo di demagogia ma anche di scarsa e cattiva informazione. In che condizioni sarebbe l’Italia oggi senza l’Europa, senza gli interventi della Banca Centrale Europea ? Quanti italiani sanno che la BCE ha deciso recentemente di acquistare anche titoli spazzatura proprio in previsione del fatto che il nostro debito pubblico potrebbe finire in quella categoria? Quanti si rendono conto della importanza per noi di questa misura?
È sulla disaffezione verso l’Europa che puntano Lega e Fratelli d’Italia, e in parte – in maniera ambigua- anche il M5s. Adesso che l’immigrazione non ‘tira’ più, la critica alla Unione è diventata ancora più centrale nelle strategie di Salvini e della Meloni. Ma mentre per Fdi l’antieuropeismo non presenta problemi, per la Lega potrebbe non essere più così. Un altro dato interessante di questo sondaggio riguarda la popolarità dei leader. La domanda è diversa da quella utilizzata di solito. In questo caso è stato chiesto semplicemente di indicare con un sì o con un no il proprio apprezzamento per ciascuno dei vari leader. Le risposte potevano essere più di una. La sorpresa è Zaia. Il governatore del Veneto ha raccolto il gradimento del 46% di coloro che hanno risposto alla domanda. Più di Conte e di Mattarella. Ma soprattutto più di Salvini che si ferma al 19%. È evidente che Zaia è riuscito a sfruttare la emergenza sanitaria molto meglio del leader del suo partito e senza ricorrere all’Europa come capro espiatorio dei mali italiani.
Così come hanno fatto altri leader che si sono trovati sulla linea del fronte come De Luca, Speranza, Fontana. In questo periodo hanno tutti goduto di grande visibilità. Ma nel caso del governatore del Veneto c’è anche dell’altro. Non è un mistero che Zaia abbia ambizioni nazionali e che all’interno della Lega sia un esponente della corrente moderata. Il suo successo in questa congiuntura lo sta proiettando al di fuori dei confini della sua regione.
Nei mesi scorsi Salvini ha scoperto di avere in Giorgia Meloni una concorrente temibile all’interno del suo schieramento. Adesso ha un rivale all’interno del suo stesso partito. Un rivale che alle prossime elezioni regionali in Veneto è molto probabile che riscuota un successo clamoroso. L’ascesa a livello nazionale di Zaia e il declino della Lega evidenziato nei sondaggi degli ultimi mesi aprono nel centro-destra uno scenario nuovo che potrebbe avere riflessi positivi sia sulla evoluzione del nostro sistema politico che sul piano dei rapporti con l’Europa. Troppo presto forse per dirlo, ma qualche segnale c’è. Sarebbe uno degli effetti inattesi del Coronavirus.