E se il 2019 fosse l’anno dell’Europa? La domanda suona oggi suggestiva se si pensa che la valuta unica ha appena festeggiato, si fa per dire, i primi vent’anni e, come ha ricordato Mario Draghi, adesso c’è un’intera generazione che non conosce, se non per i nostalgici racconti di mamma e papà, altra moneta nazionale. Ma suona anche un pochino improbabile, se solo si pensa a quello che hanno combinato i gilet gialli in uno dei rari Paesi che sembrava aver preferito una politica europeista al ritorno sovranista delle frontiere.Tuttavia è proprio durante le festività natalizie che le due Europe hanno la possibilità di parlarsi. Perché, come ha fatto notare l’Economist, è a Natale e a Capodanno che i milioni di giovani “emigranti” tornano al paesello dalle grandi città del continente dove si sono stabiliti per avere un lavoro soddisfacente, oltre che per vivere in una nuova patria allargata e senza più confini fisici, linguistici e culturali. Non stiamo parlando della cosiddetta élite ma dei baristi italiani o degli idraulici polacchi che a Natale lasciano Londra o Parigi o Berlino, fa lo stesso, per passare la settimana delle feste con parenti e amici che invece non si sono mai mossi dal luogo dove sono nati. Ecco, è in questo momento che le due Europe si parlano, discutono, litigano. E puntualmente non si capiscono. Non perché il barista che lavora a Londra sia migliore o peggiore dell’operaio che fa le sue otto ore in una fabbrica del Vicentino: semplicemente perché uno considera l’Europa un’opportunità da sfruttare ogni giorno e l’altro invece una minaccia per il futuro. L’ideale sarebbe che queste due Europe cominciassero a capirsi. Non solo dal punto di vista linguistico, visto che ormai la lingua ufficiale è diventata l’inglese (ironia della sorte, quella dell’unico Paese dell’Unione che non ha adottato l’euro e che sta rischiando l’osso del collo per realizzare la Brexit), ma soprattutto dal punto di vista politico. I nove milioni di giovani europei che hanno messo le ali grazie al progetto Erasmus, che peraltro ha partorito, è proprio il caso di dirlo, anche un milione di bimbi idealmente avvolti nella bandiera a 12 stelle su sfondo blu, sono quelli che più di tutti, ma non certo i soli, hanno sfruttato e fatto crescere quest’Europa senza barriere ancorché burocraticamente rachitica. C’è da sperare che a Natale e a Capodanno abbiano parlato con qualcuno dei 190 milioni che non hanno mai visitato un Paese dell’Ue diverso dal proprio. Solo così il 2019 potrà diventare davvero, e contro ogni pronostico, l’anno dell’Europa.